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La prospettiva europea

Il ritorno di Draghi, col nuovo mandato europeo potrebbe puntare a grandi obiettivi

Von der Leyen gli ha chiesto di occuparsi della competitività europea, ma potrebbe essere un grimaldello per influire sulla riscrittura del Patto di Stabilità e portare avanti l’Unione fiscale, con implicazioni epocali

di Virgilio Chelli 18 Settembre 2023 08:11
financialounge -  Bulletin economia Mario Draghi patto di stabilità Unione europea

Europa e USA sono ormai alla fine del tunnel di alta inflazione e alti tassi necessari a contrastarla, ma l’ultimo tratto del percorso si prospetta lungo e l’Europa, a differenza dagli USA, ci arriva con il fiato corto. L’America si prepara all’atterraggio morbido con economia a imprese in salute, sostenute dalla tenuta di consumi e investimenti, l’inflazione è rientrata sostanzialmente consentendo ai tassi di interesse reali fissati dalla Fed di tornare ampiamente in territorio positivo. Il debito federale è a livelli stratosferici, ma questo non toglier appeal ai Treasury, grazie anche a un dollaro forte. Resta l’incognita di un anno elettorale tra i più imprevedibili dal dopoguerra.

COME ANDARE AVANTI DOPO IL COLPO DI RENI SU PANDEMIA E GUERRA


In Europa invece l’economia arranca, con l’attività di servizi e manifattura misurata dagli indici PMI in netta contrazione dopo una prima parte dell’anno positiva oltre le attese, i tassi reali sono ancora negativi nonostante la BCE li abbia alzati ai massimi da quando esiste l’euro, e resta divisa sul problema dei problemi: come rafforzare l’Unione in modo strutturale e permanente dopo il colpo di reni con cui ha reagito al doppio shock della pandemia prima e della guerra in Ucraina con il conseguente caro energia dopo.


IL PATTO DI STABILITÀ CHIAVE DI TUTTO


La chiave di tutto è il Patto di Stabilità e Crescita, creato nel 1997 come fondamenta della moneta unica, poi sottoposto a una serie di rimodulazioni che però non ne hanno intaccato il principio fondamentale: l’unione monetaria si basa sulla disciplina di bilancio dei paesi membri e non sono ammessi trasferimenti dai paesi più virtuosi a quelli meno per superare gli squilibri. Il che vuol dire che il debito pubblico è un problema nazionale e non comunitario.

UNA BRECCIA GIÀ APERTA NELLA CRISI DEL DEBITO


La pandemia ha cambiato le cose, il Patto è stato sospeso e l’Europa ha iniziato a emettere debito comunitario. Ma il tempo scade a fine anno e si discute se e come cambiare il Patto con il ritorno a una supposta normalità dopo le emergenze degli ultimi tre anni. In realtà una breccia era stata aperta molto prima della pandemia, nella crisi del debito sovrano, quando la BCE allora guidata da Mario Draghi iniziò a comprare debito nazionale per salvare l’euro e l’intero sistema dalla frantumazione.

PER DRAGHI L’UNIONE FISCALE È ESSENZIALE


Ora la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha affidato allo stesso Draghi il compito di studiare e proporre come sostenere la competitività europea, guarda caso proprio mentre i negoziati sul Patto di Stabilità si stanno avviando alla stretta finale. Lo stesso Draghi che poco prima di ricevere il nuovo mandato aveva spiegato sull’Economist che l’unione fiscale non è più rinviabile perché pandemia e guerra hanno mostrato che gli shock esterni sono ormai troppo grandi per essere affrontati a livello di singoli paesi.

LE IMPLICAZIONI DEL MANDATO DI VON DER LEYEN


Far recuperare e aumentare la competitività europea per garantire crescita e occupazione vuol dire rispondere a uno shock esterno? E affidare a una figura come Mario Draghi un mandato di questa portata vuol dire farlo sedere al tavolo della riscrittura del Patto di Stabilità? Sicuramente sull’argomento l’ex capo della BCE e del governo italiano ha le idee chiare: non può essere una minestra riscaldata del vecchio Patto.


INCARICO CIRCOSCRITTO MA INVESTE GRANDI TEMI


Von der Leyen ha circoscritto l’incarico a grandi linee a transizione energetica e digitale, ma sono praticamente le autostrade della crescita futura. E non sono scindibili da altri grandi temi, come difesa e sicurezza, o come adeguare il sistema industriale europeo alla rimappatura in atto delle catene globali di fornitura senza i vincoli agli aiuti di Stato. Nei suoi richiami alla necessità non più rinviabile dell’Unione fiscale, Draghi tiene un profilo di ragionamento volutamente ‘basso’, ma sarebbe una ristrutturazione dalle fondamenta dell’architettura europea.

SERVIREBBE UNA NUOVA GOVERNANCE


In primo luogo, in termini di governance, perché la Commissione dovrebbe diventare un vero esecutivo federale meno dipendente dagli ‘azionisti di maggioranza’ e più dalla sovranità popolare espressa dal Parlamento di Strasburgo. Inoltre, la capacità di emettere regolarmente debito contando su flussi di gettito fiscale orientati più da Bruxelles che dalle capitali nazionali richiederebbe uno o più titolari del Tesoro e delle Finanze un po’ più ‘pesanti’ degli attuali commissari. I ragionamenti di Draghi implicano anche un mandato più ‘istituzionale’ per la gestione degli squilibri degli oneri finanziari dei vari Paesi da parte della BCE, ruolo che già svolge di fatto dalla crisi del 2011 ma non sancito e neanche sempre accettato da tutti.

BOTTOM LINE


Se davvero Draghi dovesse riuscire a usare il mandato che gli ha affidato von der Leyen come grimaldello per rifondare il Patto di Stabilità e disegnare una nuova governance europea sarebbe un formidabile ‘triplete’, dopo il salvataggio dell’euro e il soccorso a un’Italia impantanata nel post pandemia e investita dallo shock energetico causato dalla guerra. Alla galleria dei Padri Fondatori di ormai quasi ottant’anni fa andrebbe aggiunto un posto da ‘padre rifondatore’.
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