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L'analisi

Fondi sovrani: lo studio di Invesco indica dove sono orientate le scelte di portafoglio

L’Invesco Global Sovereign Asset Management Study rivela che gli investitori sovrani stanno adeguando i loro portafogli al nuovo contesto macroeconomico, caratterizzato da un'inflazione rigida e da un aumento del rischio geopolitico e climatico

di Leo Campagna 12 Luglio 2023 07:55
financialounge -  Invesco investitori sovrani mercati

La maggior parte dei fondi sovrani ha registrato nel 2022 rendimenti negativi a causa del rapido aumento dei tassi d'interesse e della brusca correzione dei prezzi degli asset quotati. L’86% di essi prevede che l'inflazione possa attestarsi su livelli più sostenuti nel prossimo decennio rispetto a quello precedente e, come contromossa, molti stanno ripensando radicalmente il modo in cui investire nel reddito fisso e negli asset privati, insieme a un rinnovato interesse per i mercati emergenti.

L’INVESCO GLOBAL SOVEREIGN ASSET MANAGEMENT STUDY


E’ quanto emerge dall’undicesima edizione dell’Invesco Global Sovereign Asset Management Study, basato sulle opinioni di 142 Chief Investment Officer, Responsabili di asset class e Senior Portfolio Strategist di 85 fondi sovrani e 57 Banche Centrali, che insieme gestiscono asset per 21.000 miliardi di dollari.

RIPENSARE IL RUOLO DEL REDDITO FISSO


Entrando nello specifico, la propensione dei sovrani ad incrementare l’esposizione nei prossimi 12 mesi nella loro asset allocation strategica colloca il reddito fisso al primo posto (28% delle risposte del campione), seguito da infrastrutture (25%), private equity (21%), azioni quotate (15%) e real estate (9%). Inoltre, al fine di migliorare la diversificazione, si tende a privilegiare un approccio più attivo e tattico, creando valore attraverso un ribilanciamento attivo tra i diversi segmenti del reddito fisso e utilizzando un'ampia gamma di strategie, analogamente alle azioni quotate.

MAGGIORE FLESSIBILITÀ E REATTIVITÀ ALLE CONDIZIONI DI MERCATO


All’interno del reddito fisso, i segmenti alternativi, come il credito privato, l'high yield e il debito infrastrutturale del reddito fisso, sono  considerati le opzioni più interessanti. In ogni caso come fa sapere Rod Ringrow, Head of Official Institutions di Invesco  "la lezione chiave del 2022 è stata che i sovrani devono essere pronti a dimostrare una maggiore flessibilità e reattività alle condizioni di mercato".

INTERESSE CRESCENTE PER I MERCATI EMERGENTI


La normalizzazione di tassi più elevati sembra destinata a orientare molti investitori sovrani a favore dei mercati emergenti, dopo aver notato una loro maggiore resilienza, forza istituzionale e stabilità. Il 71% degli investitori sovrani prevede che nei prossimi tre anni i mercati emergenti eguaglieranno o miglioreranno la performance dei mercati sviluppati. Il 29% degli investitori intende aumentare le proprie allocazioni nell'APAC emergente. Nell’ambito,  in particolare, del debito emergente, l'India è in pole position nelle preferenze dei fondi sovrani (76% del campione) davanti a Corea del Sud (56%), Messico (51%), Brasile (49%), Indonesia (44%) e Sudafrica (41%).

LE AREE PIU’ INTERESSANTI PER I PROSSIMI 5 ANNI


Per i prossimi 5 anni, asset privati e infrastrutture sono considerate dagli investitori sovrani le aree più interessanti (81% delle indicazioni) seguite  dalla trasmissione e fornitura di energia (65%). L’immobiliare, al contrario, è ora percepito come il segmento di asset privati meno attraente, soprattutto a causa delle sfide nell’ambito degli uffici e del retail. “La correzione dei prezzi ha avuto un impatto minimo sull’interesse per il private equity: solo il 13% degli investitori sovrani lo considera meno attraente di prima. Il 34% lo considera più interessante” riferiscono gli analisti di Invesco.

FINANZIARE LA TRANSIZIONE ENERGETICA


D’altra parte, dallo studio di Invesco emerge che gli investitori sovrani sono ora più determinati che mai nelle loro intenzioni di finanziare la transizione energetica. Gli intervistati hanno affermato che le ramificazioni del cambiamento climatico (66% delle citazioni) e il costo finanziario della transizione energetica (53% delle risposte) costituiscono due dei tre rischi più significativi per la crescita globale nel prossimo decennio, dietro solo al crescente rischio geopolitico.
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