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Lo scenario

Nel ''tiro alla fune'' tra Wall Street e economia ecco come la Fed può fare la differenza

I dati macro continuano a segnalare frenata ma anche inflazione tenace, mentre il mercato resta decisamente resiliente e anche i bond offrono alternative. L’incertezza riguarda il breve e la Fed ha le chiavi

di Virgilio Chelli 10 Luglio 2023 08:22
financialounge -  Bulletin economia FED mercati Wall Street

In inglese tiro alla fune si dice tug-of-war, e suona un po’ più allarmante che in italiano, ma alla fine è una competizione incruenta dove qualcuno al massimo finisce per terra senza farsi male. Qualcosa del genere è in corso da diversi mesi sui mercati e soprattutto a Wall Street, dove prezzi e indici ‘tirano’ in direzione di uno scenario positivo mentre i dati e molti economisti che li interpretano puntano a un quadro meno roseo. Sul fronte negativo c’è un’inflazione tenace, un’economia in frenata che impatterà i consumi e alla fine anche gli utili societari, la cui crescita già da diversi trimestri viaggia con il segno meno anno su anno e punta a replicare, secondo le previsioni degli analisti, nella stagione dei report societari del periodo aprile-giugno che sta per iniziare.

I LIVELLI TECNICI TENGONO BENE


All’altra estremità della fune, gli ottimisti vedono un’inflazione che sta rientrando e scenderà ancora grazie a potenti forze entrate in campo, come i guadagni di produttività e efficienza attesi dall’Intelligenza Artificiale, un’economia in atterraggio morbido nonostante la stretta monetaria, e soprattutto un mercato azionario che continua a tenere bene. Almeno nel breve termine, come mostra il fatto che il 90% delle azioni quotate a New York viaggia sopra la media mobile a 10 giorni, mentre l’S&P 500 continua a infilare chiusure sopra il supporto della media a 20 giorni e si tiene a distanza di circa 400 punti da quella a 200 giorni, in area 4.000 punti, su cui ha rimbalzato a marzo. Un altro fattore tecnico a supporto è l’enorme quantità di denaro ‘seduto in panchina’, stimata da Pantheon Macro in 5.500 miliardi di dollari. È un posizionamento molto meno ‘costoso’ di qualche tempo fa, visto che gli strumenti monetari rendono il 5% e i corporate bond anche di più, allineandosi al rendimento da utili azionari come mostra il grafico.

RENDIMENTO DI AZIONI A WALL STREET E CORPORATE BOND A CONFRONTO




FORZE OPPOSTE ANCORA AL LAVORO


L’ultimo dato sull’occupazione USA appena uscito illustra bene una situazione in cui sono al lavoro forze opposte: i nuovi posti creati sono un po’ meno del previsto ma il tasso di disoccupazione scende e le tensioni salariali restano. Sui consumi USA giocano anche fattori poco noti e comprensibili in Europa, come una recente sentenza della Corte Suprema che ha bloccato un provvedimento dell’amministrazione in vigore da tre anni per abbattere la restituzione degli student loan, i prestiti che finanziano l’educazione universitaria e vanno ripagati nei successivi anni di lavoro, con un onere che secondo alcune stime pesa per il 5% sugli stipendi mensili. Quando diventò Presidente nel 2008 a 47 anni, Obama aveva da poco finito di rimborsare il suo. In pratica una bella sforbiciata ai redditi reali.

LA CHIAVE RESTA LA FED, CRUCIALE LA LUNGHEZZA DEI TEMPI


La chiave del rebus come sempre ce l’ha la Fed. Finora, dopo aver ‘peccato’ nel sottovalutare all’inizio l’inflazione, non ha sbagliato, e ha consentito un atterraggio finora ‘morbido’ dell’economia, Altri 25 punti base a fine luglio sono abbastanza prezzati, il mercato è più focalizzato sul fattore tempo, vale a dire quanto a lungo il costo del denaro resterà elevato, non importa tanto se più vicino al 6% rispetto all’attuale 5%, ma quanto a lungo soprattutto rispetto alla traiettoria dell’inflazione. Il rischio non sembra tanto se alzare troppo o troppo poco nell’immediato, quanto mantenere la stretta più a lungo di quanto l’economia possa sopportare senza danni eccessivi, o invertire invece la rotta troppo presto, con la conseguenza di essere poi forzati ad alzare ancora i tassi per mettere una ‘pezza’ tardiva all’errore.

RECESSIONE POSSIBILE MA SEMBRA IL RISCHIO MINORE


In questo quadro, una recessione moderata sembra alla fine il rischio minore. Se l’inversione della curva dei rendimenti, che ha correttamente anticipato le ultime sei, si rivela uno strumento di previsione corretto anche questa volta, la prossima dovrebbe iniziare verso ottobre, considerando i tempi storici di 18 mesi circa che separano il ‘sorpasso’ dei tassi e l’avvio della contrazione. Ma per la ‘certificazione’ dei dati servirà molto più tempo. Da ricordare che in USA per parlare di recessione non bastano due trimestri consecutivi con il segno meno davanti al PIL, che ci sono già stati, ma serve il timbro ufficiale del National Bureau of Economic Research. Alla fine, come per tanti altri indicatori, si tratta più di formalità numeriche convenzionali, che servono a fare i titoli dei giornali, più che di sostanza.

BOTTOM LINE


Alla fine il tiro alla fune potrebbe anche chiudersi in parità, con le due squadre che mollano a terra la corda, magari per darsi a sport sulla lunga distanza, come i 10.000 metri o la maratona, che sono i preferiti dagli investitori. Che in questa fase rispetto al passato recente hanno il vantaggio di poter scegliere di star seduti in panchina, che comunque rende non male, o entrare in campo sull’azionario, magari andando a rafforzare le posizioni su aziende che nelle prossime trimestrali esibiscono solidi fondamentali.
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