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Geopolitica e valute

Cina all’offensiva, ma il dollaro Usa resta l’arma geopolitica più potente

Pechino impone a sempre più Paesi emergenti il renmimbi per gli scambi bilaterali, ma le possibilità di spodestare il biglietto verde restano remote. Resterà a lungo un porto sicuro e un deterrente efficace

di Virgilio Chelli 24 Aprile 2023 11:03
financialounge -  dollaro Weekly Bulletin

Il dollaro è destinato a fare la fine della sterlina britannica, per secoli moneta di riserva e di scambio globale il cui declino iniziò un secolo fa insieme a quello dell’Impero? La discussione è aperta da decenni, ma non è mai andata troppo avanti per mancanza di alternative al biglietto verde. L’euro rimane una fonte di diversificazione, ma non ha alle spalle una ‘nazione’ superpotenza globale e Bruxelles resta il primo alleato di Washington, non un competitor che ne insidia la leadership mondiale. Cosa che invece dichiaratamente intende fare la Cina, che ora sta spostando sullo scacchiere valutario un confronto che finora si è dispiegato soprattutto in campo commerciale e tecnologico.

OFFENSIVA VALUTARIA CINESE IN AFRICA E AMERICA LATINA


Pechino sta intensificando gli sforzi per fare del renminbi una valuta di standing internazionale, ha ottenuto che gli scambi con la Russia avvengano progressivamente in moneta cinese, che verrà sempre più usata negli scambi in Asia, Africa e America Latina. Ha stretto un accordo con il Brasile per regolare in renmimbi il commercio tra i due paesi e si prepara a farlo con molti altri nella vastissima area emergente in cui conta ben 126 partner commerciali che sempre più sono regolati dalla clausola di utilizzare la valuta cinese, anche se a livello di riserve delle banche centrali non supera ancora il 3% del totale.

LA GUERRA IN UCRAINA HA ACCELERATO TUTTO


L'acceleratore di un processo già in corso è stato ovviamente la guerra in Ucraina, che ha dimostrato ancora una volta la ‘potenza di fuoco’ di cui si possono valere gli americani proprio usando il dollaro come una vera e propria arma con il meccanismo delle sanzioni e altri strumenti simili. Gli USA rappresentano solo meno del 20% del PIL globale, ma oltre la metà delle riserve valutarie mondiali sono in dollari, il che consente non solo di finanziare agevolmente il bilancio federale americano ma anche di proteggersi sul lato dei conti con l’estero, pagando le importazioni e emettendo debito nella stessa valuta che stampa, come la Fed e il Tesoro USA hanno fatto ‘a manetta’ durante i lunghi anni del Quantitative Easing.

MA SANZIONI E ALTRI STRUMENTI RESTANO UN’ARMA POTENTISSIMA


Le sanzioni, unite agli strumenti legislativi come l’International Emergency Economic Powers Act, il Trading With the Enemy Act e il Patriot Act, consentono a Washington di usare il dollaro come una vera e propria arma, grazie anche all’accesso allo Swift, il sistema di messaggeria globale che consente di tracciare tutte le transazioni in dollari. Gli USA possono colpire singoli individui, aziende, organizzazioni, o interi paesi, impedendo loro di avere rapporti economici, regolati in dollari, con i soggetti sanzionati. Qualunque pagamento effettuato da una banca USA o da sistemi di pagamento americani in ogni angolo del mondo offre al Dipartimento di Giustizia la possibilità di colpire e rivalersi su asset detenuti in USA.

LA FORZA COERCITIVA DEL DOLLARO NON CONOSCE CONFINI


E non solo quando sono in ballo interessi politico-militari, come nel caso dell’aggressione russa all’Ucraina. Una decina d’anni fa le banche svizzere, una dopo l’altra, hanno derogato al segreto bancario gelosamente protetto per secoli a favore delle autorità USA per fornire informazioni sensibili su soggetti inseguiti dalla giustizia USA proprio grazie alla forza coercitiva del dollaro, che avrebbe consentito di perseguire anche l’ultima banca nascosta nell’ultimo cantone della Confederazione. Una fine che ovviamente non piacerebbe fare alla superpotenza che sfida l’egemonia americana, per cui riuscire a stare lontani dal dollaro vuol dire essere più al sicuro.

PERCHÉ NON PUÒ FARE LA FINE DELLA STERLINA


Qualche effetto si comincia a vedere, le statistiche del FMI rivelano che le riserve delle banche centrali in dollari sono scese ai minimi da un quarto di secolo, ma nulla che finora indichi che il biglietto verde possa fare la fine della sterlina imperiale, la cui perdita di status fu anche una colossale perdita di valore, da 5 biglietti verdi che si compravano una volta con un solo ‘pound’ a poco più di uno. Niente del genere sta succedendo al dollaro, che rispetto alle principali valute si scambia ancora a un livello più alto rispetto a quando Nixon decise di abbandonare il gold standard oltre 50 anni fa, come mostra il grafico qui sotto.


Dollar Index =100 nel 1973, creato dopo la fine del gold standard nel 1971, ne misura il valore contro le sei valute più scambiate: Euro (57,6% del paniere), Yen (13,6%), Sterlina (11,9%), Dollaro Canadese (9,1%), Corona Svedese (4,2%) e Franco Svizzero (3,6%)

BOTTOM LINE


Indubbiamente la sponda cinese e gli sforzi per cercare un’alternativa al dollaro hanno aiutato Putin a ridurre un po’ l’impatto delle sanzioni occidentali. Ma la forza del dollaro, anche come arma geopolitica, sembra destinata a rimanere intatta a lungo. Per l’investitore, il biglietto verde e gli asset denominati in dollari, a cominciare dai Treasury, restano il porto sicuro per eccellenza. E anche un deterrente potente alle ambizioni imperiali della Cina.
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