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Il nuovo rischio non sono i derivati, ma l’approssimazione con cui se ne parla

Opzioni, futures e swap esistono da sempre, sono solo diventati più diffusi e sofisticati. Ma ad ogni turbolenza vengono messi sotto accusa moltiplicandone in modo artificioso la dimensione reale di mercato

di Virgilio Chelli 3 Aprile 2023 08:27
financialounge -  derivati mercati

Come puntualmente succede ogni volta che una violenta turbolenza investe i mercati, anche in occasione delle recenti crisi bancarie i ‘derivati’ sono finiti sul banco degli imputati. Sono la diavoleria inventata con la finanziarizzazione in accelerazione da una sessantina d’anni, con cui la speculazione distorce l’economia reale fatta di beni prodotti e prezzati in modo certo e oggettivo, come gli ortaggi e il pesce al mercato, per ricavare un profitto in modo subdolo. In realtà i derivati, vale a dire lo strumento con cui si può tentare di prezzare l’andamento futuro di ortaggi e pesce esposti in bancarella, hanno una storia millenaria. Sembra che il primo a inventarli sia stato Talete, filosofo e matematico greco del settimo secolo avanti Cristo, che avendo previsto con i suoi calcoli un raccolto di olive eccezionale per la prossima stagione aveva ‘opzionato’ i frantoi di Mileto in largo anticipo a un prezzo conveniente, offrendo un flusso di cassa certo subito, anche se scontato, a fronte di un’attività futura dal risultato incerto (per i proprietari dei frantoi ma non per Talete). C’è chi fa risalire l’invenzione di opzioni e futures agricoli addirittura alla Mesopotamia dei Sumeri.

SE SONO QUOTATI FORNISCONO LA CERTEZZA DI CONTROPARTE


Niente di nuovo sotto il sole, solo idee e pratiche antichissime affinate nei secoli grazie a scienza e tecnologia. Eppure i derivati continuano a fare titoli in prima pagina, soprattutto se conditi da numeri che parlano di fantastilioni di dollari. Si chiamano così perché prezzano la possibile evoluzione di un sottostante, ad esempio il petrolio o i tassi di interesse, da cui appunto ‘derivano’. I più comuni e diffusi sono le opzioni, i futures e gli swap, che consentono di ‘sostituire’ il prezzo o il costo di un evento avverso, come un aumento indesiderato dei tassi di interesse, con un premio, vale a dire una compensazione. Molti, come opzioni e futures, sono quotati sui mercati regolamentati, per cui hanno un prezzo noto a tutti, che cambia in continuazione, ma soprattutto danno la certezza di trovare una controparte se si vuole vendere o comprare. Gli swap invece si possono vendere o comprare quasi solo ‘over the counter’, letteralmente fuori dal tabellone dei prezzi di Borsa ufficiali.

IL MERCATO OVER THE COUNTER, COS’È E COME FUNZIONA


Su questo mercato i rapporti sono ‘uno-a-uno’, da una parte chi vuole coprirsi da un rischio, dall’altra chi si offre di correrlo al posto suo in cambio di un premio. Una volta che il contratto di swap è fatto, ha anche un prezzo, e quindi può essere venduto a un terzo. Ma non c’è una ‘Borsa Valori’ che garantisce che troverà una controparte e neanche un tabellone dove quel prezzo compare. Quando i media parlano di derivati, fanno sempre o quasi riferimento al valore nozionale, vale a dire non il prezzo a cui quel derivato è stato comprato o venduto, ma al sottostante. Se pago 1.000 dollari per coprirmi dal rischio che un debitore che mi deve 100.000 dollari fallisca e non paghi, il nozionale di quel contratto swap è il totale degli asset del debitore, che può essere qualche milione. La Banca dei Regolamenti Internazionali pubblica delle tabelle sui due valori dei derivati OTC.

L’INGANNO DEL VALORE ‘NOZIONALE’, ECCO COME VIENE ‘GONFIATO’


Gli ultimi dati, aggiornati a metà 2022, dicono che il nozionale dei derivati globali OTC è oltre 630.000 miliardi di dollari, mentre il valore ‘lordo’, che si ottiene sommando i segni più e i segni meno, è 18.000 miliardi, circa il 3% del primo. Secondo l’indice iTRAXX il valore dei Credit Default Swap, di cui tanto si parla in questi giorni perché sono i derivati che ‘assicurano’ dal rischio di fallimento di una banca, scambiati sul mercato OTC nel secondo trimestre dell’anno scorso, è pari a circa 250 mld di dollari. Ma anche qui è il nozionale. Se si applica lo stesso criterio del 3% usato dalla BRI si scende a circa 7 mld e si parla comunque di un dato lordo, che somma i rialzi e i ribassi.

IL MERCATO PIÙ GRANDE DEL MONDO, MA NON È REGOLAMENTATO


Essere un mercato over the counter, vale a dire non regolamentato e senza garanzia di trovare una controparte, non significa per forza un mercato opaco e manovrato dalla speculazione. Il mercato finanziario di gran lunga più grande del mondo, il Forex, rientra nella categoria OTC. Sul valutario globale si scambiano volumi pari a circa 7.000 miliardi di dollari al giorno, e non sono ‘nozionali’ ma soldi veri. Il mercato è fatto dalle banche di tutto il mondo, che pubblicano in trasparenza e tempo reale su una miriade di circuiti i prezzi bid/ask, vale a dire denaro/lettera. Le valute scambiate sul Forex fanno da sottostante a una miriade di derivati, di cui nessuno si sogna di calcolare il nozionale perché si entrerebbe nel campo dei fantastiliardi.

BOTTOM LINE


I derivati sono una giungla popolata di feroci speculatori solo per i trader online improvvisati e sempre più numerosi grazie a social media e app online spesso non autorizzate e abilitate a gestire il risparmio. L’investitore che sa quello che fa, magari con il supporto di un esperto ‘vero’, lo sa bene, ma può finire comunque danneggiato dalle mosse irrazionali di quelli che una volta erano bollati come ‘parco buoi’. Alla lista già lunga delle incertezze che incombono su economie e mercati bisogna aggiungere un nuovo rischio, quello dell’autolesionismo.
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