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La crisi bancaria Usa ha dato una spinta ai mercati emergenti

Raiffeisen Capital Management nel suo Panorama Mercati Emergenti a cura del Team Cee & Global Emerging Markets, analizza i diversi fattori di incertezza, tra cui le tensioni geopolitiche su Russia e Cina

di Virgilio Chelli 31 Marzo 2023 08:00
financialounge -  mercati mercati emergenti Raiffeisen Capital Management

I mercati azionari hanno registrato una correzione a febbraio dopo aspettative probabilmente troppo ottimistiche di fine imminente dei rialzi dei tassi e tagli dei tassi in arrivo, che hanno ceduto il posto a valutazioni più realistiche. L'inflazione e i tassi USA rimarranno probabilmente più alti di quanto sperato ancora per qualche tempo. Questo ha dato impulso al dollaro e determinato un forte aumento dei rendimenti USA a breve termine, con un impatto molto negativo sugli asset dei Paesi Emergenti.
Di conseguenza, a febbraio le azioni emergenti sono scese in media molto più di quelle dei mercati sviluppati, perdendo in media oltre il sette per cento in dollari USA. Ma il rapporto si è poi invertito con la crisi bancaria USA di marzo, i rendimenti americani e il dollaro hanno ceduto, mentre le azioni emergenti hanno in gran parte recuperato

LA CRISI BANCARIA DOVREBBE ALLEVIARE LA STRETTA DELLA FED


La crisi bancaria USA aiuta leggermente i mercati emergenti, ma per quanto? Raiffeisen Capital Management, nel suo Panorama Mercati Emergenti a cura del Team Cee & Global Emerging Markets, spiega che la crisi bancaria e credito più restrittivo sono fattori negativi per l'economia USA e Wall Street, ma hanno più o meno lo stesso effetto di un aumento dei tassi della Fed. Ci sono dunque aspettative del tutto giustificate che la crisi bancaria negli USA porterà alla fine a meno rialzi dei tassi di quanto originariamente previsto, secondo Raiffeisen, anche se non ci saranno reazioni a catena, al di là dei fallimenti isolati avvenuti finora. Questo, a sua volta, indebolisce il dollaro, spinge al ribasso i rendimenti USA e aiuta un po' i mercati emergenti, almeno per il momento.

L’INDEBOLIMENTO DEL DOLLARO POTREBBE RIVELARSI BREVE


Il problema, prosegue l’analisi di Raiffeisen, è che l'inflazione USA rimane ostinatamente alta con una crescita dei salari robusta. Il rallentamento indotto dai problemi bancari USA si rifletterà probabilmente sull'economia solo con un certo ritardo. Fino ad allora, è più probabile secondo Raiffeisen che, nel dubbio, la Fed inasprisca ulteriormente aumentando i tassi e/o drenando liquidità. Per cui l'attuale indebolimento del dollaro potrebbe rivelarsi relativamente breve. Ma in corso d'anno il contesto dell'economia USA diventerà probabilmente più difficile e anche il dollaro USA finirà tendenzialmente sotto pressione.

L’AZIONARIO USA NON HA ANCORA SCONTATO UNA RECESSIONE


Una recessione a partire dal terzo o quarto trimestre è tuttora uno scenario abbastanza probabile, secondo Raiffeisen, anche se non l'unico. L’azionario USA non ha ancora scontato del tutto una recessione, e se i segnali in questa direzione dovessero consolidarsi le azioni emergenti dovrebbero performare meglio, almeno rispetto agli USA. Ma la loro tenuta in termini assoluti dipenderà in modo decisivo dall'andamento della crescita e degli utili aziendali negli stessi mercati emergenti.

PUNTO DI DOMANDA SULLA RIPRESA CINESE


Un punto di domanda riguarda la Cina. La cosa più probabile al momento, secondo Raiffeisen, sembra che la ripresa cinese in complesso sarà piuttosto moderata e fornirà solo impulsi positivi abbastanza contenuti per gli altri paesi emergenti. Bisogna in ogni caso tenere d'occhio gli scontri geopolitici tra Cina e Russia, da un lato, e l'alleanza occidentale guidata dagli USA dall'altro, mentre altri importanti paesi si posizionano in parte strategicamente, in parte opportunisticamente tra questi due poli, come l'India o la Turchia.

LE TENSIONI GEOPOLITICHE POSSONO AVERE CONSEGUENZE


Questo confronto geopolitico, osserva Raiffeisen in conclusione, non solo potrebbe avere un impatto significativo sul commercio globale, ma anche influenzare in modo crescente le politiche economiche dei singoli Paesi. Il che, a sua volta, potrebbe avere conseguenze per le aziende, i loro investimenti, le loro catene di fornitura e lo sviluppo dei loro profitti.
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