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L'analisi

Schroders prevede un cambio di regime per l’inflazione

Keith Wade, Chief Economist & Strategist di Schroders ritiene che tra 12-18 mesi la politica monetaria lascerà spazio alla politica fiscale

di Anna Patti 16 Febbraio 2023 10:35
financialounge -  Keith Wade mercati politica fiscale politica monetaria Schroders

L’inflazione rimane al centro dell’attenzione per gli investitori. Schroders prevede che tra 12-18 mesi le banche centrali riusciranno a domarla. Non ci sarà un ritorno al periodo successivo alla crisi finanziaria globale ma si assisterà a un momento di inflazione più alta e volatile. Stiamo entrando in una nuova fase caratterizzata da carenze sul lato dell’offerta e da aumenti dei prezzi più frequenti. La politica monetaria pertanto rimarrà a controllare l’inflazione ma lascerà spazio alla politica fiscale chiamata a gestire la crescita o la mancanza di essa.

IL CAMBIAMENTO DELLE PRIORITÀ POLITICHE


Secondo Keith Wade, Chief Economist & Strategist di Schroders, l’esperienza della pandemia è un fattore chiave per il ritorno all’attivismo fiscale. C’è un ritorno del big government che ha portato molti a chiedere che le autorità siano più disposte a utilizzare la spesa pubblica per risolvere i problemi. Inoltre ritiene l’esperto di Schroders la pandemia sembra aver incoraggiato i populisti e i partiti anti establishment, che stanno recuperando parte dello slancio che avevano perso all’inizio della crisi sanitaria. L’Italia, ad esempio, è stata precoce in questa tendenza, con la coalizione di partiti di destra guidata da Giorgia Meloni.

LA POLITICA MONETARIA


Il desiderio di un approccio fiscale più attivo conduce al malcontento verso la politica monetaria. La distribuzione della ricchezza si è sbilanciata verso la fascia alta, allo stesso tempo è aumentata la pressione sulle fasce a più basso reddito, anche a causa di cambiamenti più ampi nell’economia mondiale, come la crescente globalizzazione e la maggiore adozione della tecnologia. Questi fattori hanno contribuito ad aumentare l’insoddisfazione per l’andamento dell’economia e alimentano la richiesta di un cambiamento di rotta. Nonostante ci si aspetta, dice Keith Wade, che le banche centrali riescano a ripristinare una certa stabilità dei prezzi nel 2023, l’inflazione sarà più difficile da controllare nel nuovo regime. Le sfide per la globalizzazione, dovute alla geopolitica e a una maggiore attenzione alla sicurezza delle catene di approvvigionamento, e la risposta sempre più rapida al cambiamento climatico potrebbero avere effetti inflazionistici. Pertanto la politica monetaria si limiterà a controllare l’inflazione e lascerà spazio alla politica fiscale per gestire la crescita.

IL POSSIBILE CONFLITTO TRA GOVERNI, MERCATI E BANCHE CENTRALI


Sostituire la politica monetaria con una politica fiscale espansiva per stimolare la crescita non è semplice. “Il problema è reso più acuto dall’elevato livello del debito pubblico, per cui un aumento dei tassi di interesse e del costo del prestito può rappresentare un vincolo significativo per la spesa pubblica” dice l’analista di Schroders. I dati del FMI mostrano che il rapporto debito pubblico/PIL per il G20 avanzato è salito a oltre il 130% nel 2020, con un aumento di oltre il 20% rispetto al 2019. Il fenomeno si sta ora attenuando e il rapporto debito/PIL dovrebbe stabilizzarsi intorno al 125% per il G20 avanzato, secondo il FMI. In combinazione con il passaggio a un nuovo regime di tassi d’interesse più elevati, il costo del debito pubblico aumenterà in futuro. I dati indicano che G20 il costo degli interessi passerà dal minimo di poco più dell’1% del PIL dello scorso anno all’1,5% di quest'anno e a quasi il 2% entro il 2025.

LA POLITICA FISCALE ATTIVA


I governi metteranno alla prova i limiti del loro spazio fiscale. Molti potrebbero decidere che un maggiore indebitamento pubblico per le priorità politiche vale il prezzo dell’aumento dei tassi d’interesse. Oltre all’aumento della spesa per la salute potrebbe esserci anche un aumento della spesa per la mitigazione e lo sviluppo di tecnologie per contrastare il cambiamento climatico. L’analista di Schroders sottolinea che questo non è un punto di vista universale. Se l’aumento dei tassi di interesse si rivelasse un vincolo eccessivo, le autorità potrebbero pensare a una maggiore tassazione e a politiche più ridistributive per ridurre il deficit di bilancio. Se tutto questo non dovesse bastare si potrebbe scegliere una linea più radicale per cambiare il sistema esistente.

CONTROLLARE IL MERCATO OBBLIGAZIONARIO


Secondo l’esperto di Schroders l’approccio potrebbe essere quello di aumentare la repressione finanziaria e controllare i mercati obbligazionari in modo tale che i vigilantes non siano in grado di spingere i rendimenti verso l’alto. Si potrebbe ricorrere alla regolamentazione per indirizzare i fondi verso il mercato obbligazionario, ad esempio aumentando gli obblighi per gli istituti di investimento di detenere più titoli di Stato. Tuttavia indebolendo il mercato in questo modo ci sarebbe un maggiore rischio di aumento dell’inflazione e ciò implicherebbe una modifica del mandato delle banche centrali. In conclusione sostiene il Chief Chief Economist & Strategist di Schroders aumentando l’obiettivo di inflazione o adottando un doppio mandato più esplicito di obiettivi di inflazione e occupazione. La misura finale sarebbe la revoca dell’indipendenza della banca centrale e la ripresa del controllo della politica monetaria da parte delle autorità.

LE CONSEGUENZE PER I MERCATI FINANZIARI


Ognuna di queste misure provocherebbe una violenta reazione da parte dei mercati finanziari e il rischio è che, di fronte a uno sconto sui rendimenti delle loro obbligazioni, gli investitori internazionali riducano il loro sostegno e in alcuni casi vendano, colpendo così la valuta, sostiene Keith Wade. Si renderebbero quindi necessarie altre forme di controllo finanziario, come i controlli sui capitali. In un regime con tassi alti e minore liquidità, sarebbe più difficile per i singoli Paesi perseguire politiche di repressione finanziaria indipendenti. Solo quelli con i finanziamenti interni più solidi sarebbero in grado di farlo, come ha dimostrato, ad esempio, il Giappone, dice l’analista di Schroders, anche se oggi si trova a cambiare rotta e ad accettare tassi di interesse più elevati.
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