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Geopolitica e investimenti

India nuova Cina? Un grande potenziale che l'Europa può aiutare a sprigionare

Dopo virus e guerra in Ucraina, i Brics non sono più un blocco omogeneo e il gigante asiatico offre marce in più, dalla democrazia alla demografia, che possono attrarre l’investitore che guarda ai Mercati Emergenti

di Stefano Caratelli 6 Febbraio 2023 08:24
financialounge -  cina economia india Weekly Bulletin

Sei anni fa, mentre Donald Trump prendeva possesso della Casa Bianca, sulle nevi Davos il cinese Xi Jinping veniva salutato da molti politici e business leader globali, soprattutto europei, come il nuovo paladino e garante del libero mercato, minacciato dal protezionismo aggressivo del nuovo presidente americano. I Brics, Brasile, Russia India, la stessa Cina con l’aggiunta del Sudafrica, erano le potenze emergenti in rapida crescita che allineate dietro Pechino avrebbero garantito manodopera abbondante e a basso costo e mercati fatti di miliardi di consumatori con reddito spendibile sempre più elevato per sostenere la crescita globale, con o senza l’America. Sembrano passati 60 anni invece di sei. Il Covid e la guerra in Ucraina hanno cambiato tutto, all'angolo c'è Putin e non Trump, Xi è percepito dagli stessi politici e business leader che lo applaudivano al World Economic Forum come una minaccia per l'ordine economico e politico globale. Gli altri 3 Brics navigano in ordine sparso, con il Brasile di Lula tornato 'socialista’, il Sudafrica scomparso dai radar, e l’India molto corteggiata e vista da alcuni come possibile ‘nuova Cina’.

NEL NUOVO ORDINE NON C’È PIÙ SOLO LA CINA


Di recente l’ex colonia britannica ha quasi agganciato la Cina per popolazione, ma la distanza tra le due economie resta abissale, e si misura in 15.000 miliardi di dollari, la differenza tra i quasi 18.000 miliardi del PIL di Pechino e i poco più di 3.000 miliardi di quello di Dehli, comunque non lontanissimo dai 5.000 miliardi del Giappone e dai 4.200 della Germania. Poi c’è la democrazia, che in India funziona abbastanza da garantire l’alternanza al potere e in Cina è assente, almeno nella versione accettata nel mondo sviluppato. Né gli USA né l’Europa hanno rinunciato comunque a fare affari con la Cina, ma i primi hanno scelto la strada della competizione dichiarata, economica, tecnologica e geopolitica, mentre la seconda si muove in ordine sparso cercando comunque di tenere la porta aperta a relazioni non troppo diverse da quelle pre-2020, a cominciare dalla Germania.

INDIA: RITARDI MA ANCHE GRANDI POTENZIALITÀ


Dal punto di vista degli investimenti diretti esteri, un indicatore importante dell’integrazione nel mercato globale dei capitali, sia Cina che India restano due partner tutto sommato minori. In Cina siamo a circa 200 miliardi di dollari, un decimo del Giappone, mentre in India il dato oscilla intorno agli 80 miliardi, praticamente ‘peanuts.’ I numeri delle due economie però si possono anche leggere ‘alla rovescia’, quelli dell’India somigliano ai dati cinesi a inizio millennio e potrebbero anche rappresentare il potenziale che racchiude quella che si prepara a diventare la nazione più popolosa del pianeta. L’aggressione russa all’Ucraina ha praticamente cancellato i Brics come possibile blocco economico-finanziario, ed è difficile immaginare come possa ricomporsi, mentre è possibile che si vada verso un sistema di relazioni bilaterali tra i due blocchi del mondo sviluppato e i giganti emergenti.

PARTNER IDEALE PER L’EUROPA


In questa prospettiva, c’è chi vede nell’India il partner ideale per un’Europa che, come scrive Alicia Garcia Herrero, accademica spagnola e chief economist per Asia-Pacifico di Natixis in un recentissimo intervento, deve ribilanciare le sue relazioni globali guardando al di là del suo affidamento sulla Cina, anche a complemento dei profondi legami con le altre economie avanzate, specialmente gli USA. Il primo motivo per cui l’India può essere un partner chiave per la UE è l’imponente e crescente forza lavoro che può diventare alternativa per la fornitura di beni e servizi a una Cina sempre più concentrata su se stessa e avviata a un rapido invecchiamento, come mostrano le dinamiche riportate nel grafico qui sotto.


Popolazione in età lavorativa: Cina vs India (abitanti in età non lavorativa ogni 100 – cagr = tasso cumulato medio di crescita)

MA DEVE CAMBIARE MODO DI GUARDARE ALL’INDIA


L’India può essere un partner cruciale anche sul fronte di una transizione energetica a guida UE, visto il ruolo chiave di grande e crescente consumatore, e sul fronte della stabilizzazione geopolitica, visto il peso crescente che la sua democrazia nel cuore della regione Asia-Pacifico, la più dinamica del globo. Ma l’Europa, sottolinea Herrero, deve cambiare il modo con cui guarda all’India e concentrarsi più sui punti in comune che sulle differenze, e offrendo una nuova prospettiva all’India “che può essere”.

UNA FORZA LAVORO STERMINATA DA VALORIZZARE


Le sfide che la UE può aiutare l’India a vincere sono l’ineguaglianza economica, la valorizzazione della forza lavoro che si sta creando con politiche attive che non si limitino a aumentare la produttività di chi già lavora, e un radicale miglioramento della governance oggi appesantita da una macchina statale e burocratica che distorce il mercato e frena la competitività. L’India ha già fatto grandi passi avanti raggiungendo l’autosufficienza alimentare e energetica ed è all’avanguardia nella digitalizzazione in alcuni settori, ma continuerà a guardare con diffidenza a un’Europa che non ne prende atto e continua a vederla con occhi ‘compassionevoli’.

BOTTOM LINE


Per l’investitore che guarda al mondo emergente, l’India resta un terreno insidioso, come mostra la tempesta che ha investito il colosso Adani. Ma anche in un mondo che si de-globalizza, sempre più investito e condizionato dalle tensioni geopolitiche, il potenziale di crescita economica e di ritorno degli investimenti racchiuso negli Emergenti resta troppo importante per essere ignorato in un portafoglio diversificato. Un’India che trovasse nell’Europa il partner globale che l’accompagna su un sentiero di crescita sostenibile ha indubbiamente un appeal.
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