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Politica monetaria

Target Inflazione: cosa accadrebbe se passasse dal 2 al 3%?

Secondo Goldman Sachs Asset Management non c’è nulla di intoccabile nell’attuale obiettivo del 2%, un innalzamento aprirebbe maggiori spazi alla crescita economica con importanti conseguenze di investimento

di Virgilio Chelli 8 Dicembre 2022 10:00
financialounge -  BCE economia FED inflazione

L’attuale obiettivo di inflazione fissato dalle banche centrali al 2% non va considerato intoccabile, e si potrebbe considerare un livello più alto, del 3%, come nuovo 2%, che aprirebbe la strada a un regime di inflazione un po’ più elevata con importanti implicazioni per la costruzione di portafoglio degli investitori. E’ l’indicazione di un commento di James Ashley, International Head of Strategic Advisory Solutions, e Simona Gambarini, Senior Market Strategist, Strategic Advisory Solutions, di Goldman Sachs Asset Management, secondo cui ci sono ragioni per credere che l’alta inflazione non sia né transitoria né persistente, ma piuttosto strutturale, guidata da forze quali l’invecchiamento della popolazione, la deglobalizzazione e la decarbonizzazione.

ALLUNGARE LA PISTA DI DECOLLO DELL’ECONOMIA


Portare l’obiettivo di inflazione al 3% potrebbe ‘allungare la pista di decollo’ della crescita economica ed essere - in definitiva - di supporto per gli asset a rischio. Un cambiamento di rotta di questo tipo consentirebbe di costruire portafogli con una componente minore di reddito fisso e maggiore di azioni, in particolare nei settori immobiliare e infrastrutture. Dopo gli anni seguenti alla Crisi Finanziaria, la pandemia ha riportato pressioni inflazionistiche che le banche centrali stanno cercando di contrastare a tutti i costi. Gli esperti di Goldman Sachs Asset Management ricordano che prima degli anni 90 del secolo scorso consideravano un set più ampio di variabili e che comunque la Fed continua ad avere un doppio mandato che include l’occupazione oltre all’inflazione.

MOLTE COSE SONO CAMBIATE IN 25 ANNI


Attenersi in modo rigido alla stabilità dei prezzi crea almeno due sfide importanti, quella di un ritorno della deflazione e quella di misurare in modo preciso e realistico l’inflazione stessa. Dati i profondi cambiamenti degli ultimi 25 anni, le spinte inflazionistiche strutturali potrebbero portare a conclusioni diverse sul livello nominale appropriato di crescita dei prezzi a cui ancorare l’economia. Tra questi, gli esperti di Goldman Sachs Asset Management citano la produttività, la globalizzazione delle catene di fornitura, il nuovo scenario istituzionale, e forse ancora più importante il diverso outlook demografico e di sostenibilità per molti mercati sviluppati.

EFFETTI A LUNGO TERMINE SUI MERCATI


Certo, alzare il target nel momento in cui l’inflazione viaggia significativamente più in alto potrebbe essere visto come l’ammissione da parte delle banche centrali di essersi poste un obiettivo irraggiungibile. Di recente, Fed e Bce hanno apportato aggiustamenti ai regimi di inflazione. Infine, è molto aumentato il peso della politica nell’indicazione dell’obiettivo desiderato di inflazione, rendendo più difficile per le banche centrali modificarlo. Ma come reagirebbero i mercati a un target del 3%? Gli esperti di Goldman Sachs Asset Management non si concentrano sull’effetto immediato, ma sulle assunzioni di rischio e ritorno di lungo termine per un portafoglio multi asset ben diversificato.

CAMBIAMENTO PIÙ CREDIBILE IN USA CHE NELL’EUROZONA


L’impatto più ovvio sarebbe una curva dei rendimenti più ripida ma nel lungo termine si produrrebbe un livello più alto di tutta la struttura dei tassi nominali, il che si tradurrebbe in un premio di rischio per l’inflazione più elevato. Molto dipenderà dalla credibilità del cambiamento. Politicamente, l’inflazione è più accettabile quando l’età media è più bassa e la popolazione più indebitata. Secondo gli esperti di Goldman Sachs Asset Management il cambiamento sarebbe più credibile per gli USA e il Regno Unito che per l’Eurozona o il Giappone. Se la Bce avesse successo, l’innalzamento dell’obiettivo di inflazione farebbe restringere gli spread dei debiti sovrani, migliorando le dinamiche dei conti pubblici inflazionando parte dello stock di debito.
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