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Obiettivo net zero

Candriam: “Perché l’obiettivo di riduzione di Co2 all’1,5% resta lontano”

Sono molti gli ostacoli per arrivare a centrare gli obiettivi di Cina, Stati Uniti e Europa, che contribuiscono alle emissioni globali per più della metà di tutte le emissioni di Co2

di Leo Campagna 18 Gennaio 2022 19:00
financialounge -  cambiamento climatico Candriam cina co2 COP26 Emile Gagna zero emissioni

Un nulla di fatto. E’ la sensazione che hanno avuto molti osservatori alla conclusione della Cop26, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 tenutasi a Glasgow. “L'obiettivo dichiarato della Cop26 consisteva nell’accelerare il ritmo della riduzione delle emissioni di Co2 al fine di contenere il riscaldamento globale in un intervallo compreso tra 1,5 °C e 2 °C. Un obiettivo che resta lontano” commenta Emile Gagna, macroeconomista di Candriam.

IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ


L’obiettivo, fa sapere l’economista, rispetta il principio di "sussidiarietà", che consente ad ogni paese di organizzarsi nello stabilire il proprio contributo determinato a livello nazionale (NDC). “In base al Climate Action Tracker, un gruppo indipendente di ricerca scientifica che verifica l'azione dei governi per la riduzione delle emissioni dei gas serra, gli impegni annunciati dovrebbero consentire al mondo di limitare il riscaldamento a 2,4 °C (rispetto ai 2,7 °C previsti prima della COP)” spiega Gagna.

STATI ED EMISSIONI CO2


Per tagliare il traguardo di 1,5 °C, le emissioni nette globali di Co2 devono essere ridotte del 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010 e azzerarsi entro il 2050. “Peccato che, pur rispettando gli ultimi NDC, si arriverebbe al 2030 con un livello di emissioni globali di gas a effetto serra ancora più alto rispetto a quello del 2010” puntualizza l’economista di Candriam che, aggiunge: “Cina, Stati Uniti e Europa contribuiscono alle emissioni globali rispettivamente per il 27%, per il 15% e per il 10%, cioè, insieme, più della metà di tutte le emissioni di CO2”.

NEUTRALITA’ CARBONICA ENTO IL 2050


Europa e Stati Uniti si propongono di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Gli Stati Uniti hanno fissato un obiettivo intermedio per il 2030 di una riduzione del 50-52% delle emissioni rispetto ai livelli del 2005, mentre l'Europa prevede di ridurre le emissioni del 55% rispetto ai livelli del 1990. Il problema è che, senza una riduzione più pronunciata dell'intensità di carbonio rispetto alla tendenza attuale, nel 2050 le emissioni in entrambe le regioni sarebbero ben al di sopra dell'obiettivo di neutralità carbonica.



PECHINO, OBIETTIVO NET ZERO 2060


Pechino, dal canto suo, si propone di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060, prevedendo di limitare la riduzione della propria intensità di carbonio per il 2030 del 65% rispetto al 2005. “Si tratta di annunci ambiziosi se paragonati rispetto al tasso di riduzione dell'intensità di carbonio osservato negli Stati Uniti a partire dal 1996 (quando l'intensità statunitense era paragonabile a quella della Cina di oggi) o a quello dell'Unione Europea, che ha iniziato ancora prima”, riferisce Gagna.



Il DIVARIO TRA TARGET E TRAIETTORIA


Nei due grafici sono presenti una linea retta target e una traiettoria. La prima è compresa tra il punto in cui i valori in cui si trovano oggi e i suoi obiettivi di zero netto mentre la seconda illustra i miglioramenti delle emissioni effettivamente ottenuti nei dieci anni precedenti al Covid-19. “Ipotizzando che si riesca effettivamente a raggiungere gli obiettivi, il divario crescente tra ‘target’ e ‘traiettoria’ costituisce l'entità del problema che i mercati finanziari devono contribuire ad affrontare anche, e soprattutto, con gli investimenti a impatto” conclude il macroeconomista di Candriam.
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