Proseguono gli addii al mercato cinese da parte delle grandi società tecnologiche americane, sempre più colpite dalle politiche restrittive della libertà imposte dalle istituzioni locali. Questa volta è il turno di
Yahoo, la quale ha motivato la sua decisione di lasciare la
Cina come conseguenza di un “sempre più difficile ambiente operativo e legale”. Nella nota diffusa dalla società si annunciava che già da ieri, 1° novembre, i servizi del gruppo non risultano più accessibili in Cina, aggiungendo di essere sempre impegnata per i diritti dei suoi utenti “per un internet libero e aperto”.
LINKEDIN E IL CONTESTO DIFFICILE
La decisione di Yahoo arriva a poche settimane dall’annuncio di
Microsoft relativo alla chiusura della versione cinese di
LinkedIn, di proprietà della società fondata da Bill Gates. La scelta di Microsoft era seguita alla chiusura di diversi profili di attivisti per la difesa dei diritti umani, di accademici e di giornalisti da parte di Pechino, con l’accusa di diffondere contenuti vietati. Si trattava dell’applicazione delle misure sempre più stringenti contro le società tecnologiche decise in Cina nei mesi scorsi, con le quali si creava un clima sempre più difficile per le grandi società tecnologiche, comprese quelle cinesi.
IL PRECEDENTE DI YAHOO FINANCE
Se nel 2015 Yahoo aveva deciso di chiudere i suoi uffici di Pechino, lo scorso ottobre l’App Store cinese di
Apple era stata costretta a rimuovere Yahoo Finance, accogliendo specifiche richieste dei funzionari della Cina. Nessuna delle parti coinvolte aveva spiegato i motivi di quanto accaduto, ma, secondo il sito The Telegraph, erano molti gli utenti cinesi che facevano affidamento all’app di Yahoo per leggere notizie da media che tipicamente sono censurati dal grande firewall cinese, gestito dal Ministero di pubblica sicurezza del paese. In questo modo, le autorità riuscirono a impedire il bypassare dei contenuti poco graditi al governo, attività che aveva allarmato Pechino e spinto alla rimozione dell’app di notizie.
LE IMPOSIZIONI DEL GOVERNO
Pochi giorni prima della rimozione dell’app, infatti, Yahoo Finance aveva citato un articolo pubblicato su Bloomberg in cui si criticavano le repressioni contro le
società tecnologiche, con riferimenti a presunti trattamenti preferenziali verso Apple in cambio del rispetto delle regole governative di conformità, compreso l’obbligo di rimozione di app non gradite. Un portavoce della società della mela aveva spiegato che la società era tenuta “a rispettare le leggi locali e a volte ci sono questioni complesse su cui potremmo non essere d’accordo con i governi”, lasciando intendere di non poter agire sempre nel rispetto dei diritti umani.
L’ADDIO DI FORTNITE
L’elenco dei giganti tecnologici in fuga si è allungato nella giornata di oggi con un altro nome importante, quello di ‘Fortnite Night’, versione per il pubblico cinese del
videogioco di proprietà di Epic Games. In questo caso, però, la società non ha spiegato le ragioni alla base della decisione, anche se le nuove leggi approvate nel paese colpivano duro anche il
settore dei giochi online, considerati alla stregua di un “oppio spirituale” per i giovani da parte delle autorità. Nel dettaglio il governo aveva limitato l’esposizione dei minori ai giochi online, permettendo l’accesso ai ragazzi per solo un’ora al giorno nel fine settimana e nei festivi, con il fine di limitare il tempo passato davanti ai
videogiochi. Per il momento, il gioco resterà disponibile in versione “test” fino al 15 novembre prossimo, spiegavano da Epic Games, mentre a breve il server verrà chiuso.