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Politiche poco incisive

Candriam: tutto quello che l’ultimo report IPCC non dirà mai

Il responsabile dello Sviluppo Esg, David Czupryna, analizza il report delle Nazioni Unite facendo emergere i punti oscuri che rallentano le decisioni dei Governi

di Annalisa Lospinuso 8 Ottobre 2021 18:00
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Il Report Intergovernmental Panel On Climate Change (IPCC) è la più aggiornata e completa rassegna scientifica sui cambiamenti climatici, ma ci sono alcuni punti che bisogna chiarire. Candriam ha analizzato le quattromila pagine del sesto rapporto facendo emergere alcune considerazioni utili a una migliore comprensione della situazione globale. Perché, se è vero che bisogna partire da un approccio scientifico nel prendere le decisioni, è anche vero che non si può aspettare che la situazione diventi catastrofica per agire. “L’urgenza sta nell’azione e non nella lettura di relazioni, per quanto fondate esse possano essere”, ha sottolineato David Czupryna, Head of ESG Development di Candriam.

EMISSIONI DI GAS SERRA, COME RIDURLE


Il lavoro, che sarà pubblicato fra un anno, è frutto del Gruppo 1 dell’IPCC, che si focalizza sullo studio del clima al fine di realizzare modelli accurati sul comportamento futuro del clima, secondo diversi scenari inerenti alle emissioni di gas serra). Un primo elemento mancante è una soluzione per porre fine alle emissioni di gas serra. “Non serve un altro report dell’IPCC - ha commentato David Czupryna, Head of ESG Development di Candriam - per sapere che bruciare un combustibile fossile contribuisce direttamente al cambiamento climatico. Chiedere ai Paesi misure più ambiziose per modificare le proprie politiche pubbliche e i propri comportamenti privati sulla base di questi risultati non è un passo complicato, ma purtroppo è difficile da compiere. Ma le difficoltà non stanno tanto nell’incertezza sulle misure da adottare, quanto piuttosto nell’inerzia collettiva e negli incentivi a breve termine che caratterizzano l’azione pubblica in molti Paesi”.

NESSUNA NOVITÀ


Man mano che migliora la comprensione degli scienziati sui ghiacciai, gli oceani e l’atmosfera, le previsioni dell’IPCC si fanno più accurate. Non si può, però, continuare a rimandare le decisioni in attesa di maggiori evidenze scientifiche. “È sbagliato - ha aggiunto l’analista di Candriam - voler aspettare il prossimo report, e poi il successivo ancora, nel tentativo di basare qualsiasi decisione su dati scientifici più accurati possibile, o addirittura sperare in conclusioni che siano l’opposto di quelle conosciute finora. Ciò che è cambiato dal 1990 non è la traiettoria del cambiamento climatico, né la sua origine antropogenica, quanto il fatto che gli scienziati sono ora in grado di corroborare queste convinzioni con una quantità molto più grande di dati”.

QUALI DECISIONI PRENDERE


Il primo report dell’IPCC risale al 1990, ma in 31 anni è stato fatto ben poco per ridurre le emissioni di gas serra. Nel trentennio le emissioni sono aumentate del 40 per cento, mentre la “diplomazia del clima” è passata di conferenza in conferenza senza che né il protocollo di Kyoto né gli accordi di Parigi abbiano di fatto determinato una riduzione delle emissioni. “Tra un rapporto IPCC e l’altro - ha aggiunto David Czupryna - il mondo politico ed economico è rimasto sospeso, in attesa dell’edizione successiva che avrebbe fornito i dati decisivi per creare finalmente quella scossa necessaria a prendere decisioni indispensabili per ridurre davvero le emissioni”. Serve una maggiore consapevolezza sul fatto che l’IPCC non è la fonte primaria di conoscenza scientifica sul clima, si legge nella nota di Candriam, ma un organismo delle Nazioni Unite volto a fornire una sintesi periodica sull’argomento, ad opera di un gruppo di scienziati riconosciuti.

LA VERITÀ SULL’AUMENTO DEL LIVELLO DEI MARI


L’aumento del livello dei mari è uno dei simboli del cambiamento climatico. Su questo tema, l’IPCC ha delineato come scenario peggiore un innalzamento del “livello medio” di un metro entro il 2100. “Si tratta di un livello medio, ma proprio come avere un conto in banca con un saldo “medio" di 2.000 euro può nascondere grandi fluttuazioni ha continuato l’analista di Candriam - un livello medio non dice nulla delle fluttuazioni locali e più o meno temporanee, come le inondazioni causate da tsunami e tempeste. Ciò che emerge da questo report con più precisione e certezza rispetto al passato è che dietro una media delle temperature mondiali già aumentata di circa 1°C (e che probabilmente continuerà a salire) si nasconde un aumento molto più significativo della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi in alcune aree del mondo. Ad esempio, con un aumento della temperatura media globale di “soli” 2 gradi, un’ondata di calore come quella registrata in Francia nel 2003 potrebbe verificarsi in media ogni 3-4 anni. In sintesi, sono soprattutto la frequenza e l’intensità di fenomeni considerati in passato come estremamente rari, i cosiddetti “freak events”, oltre all’aumento inarrestabile della temperatura media, a rischiare di destabilizzare le nostre società”.
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