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Oltre i numeri

A gennaio nuovo record per il debito pubblico: ecco perché continua a crescere

Secondo i dati Bankitalia, a gennaio il debito pubblico è cresciuto di quasi 34 miliardi di euro. Oltre agli effetti della pandemia, dietro questa tendenza si nascondono anche fattori tecnici

di Antonio Cardarelli 15 Marzo 2021 13:04
financialounge -  debito pubblico Maurizio Mazziero PIL

Il debito pubblico italiano continua a crescere. Secondo gli ultimi dati mensili diffusi dalla Banca d’Italia, a gennaio il debito è arrivato a 2.603,1 miliardi di euro, in aumento di 33,9 miliardi di euro rispetto a dicembre 2020. Il rapporto debito/Prodotto interno lordo, cruciale per inquadrare la sostenibilità del nostro debito pubblico, nell’anno della pandemia è esploso fino ad arrivare al 155,6% rispetto al 134,6% dell’anno precedente.

RAPPORTO DEBITO/PIL AL 155,6%


Per comprendere meglio la portata del nostro debito pubblico è sicuramente più importante guardare a questo rapporto piuttosto che al solo dato sul debito. L’incremento al 155,6% dello scorso anno è frutto dell’aumento della spesa pubblica causato dall’emergenza, per esempio per finanziare la cassa integrazione, i ristori e le spese sanitarie. Il debito pubblico è arrivato a 2.569 miliardi di euro a dicembre 2020 e, contestualmente, il Prodotto interno lordo è diminuito a causa della pandemia a 1.651 miliardi di euro (dati Istat) con un calo dell’8,9%. Attualmente, l’unico Pese europeo con un rapporto debito/Pil peggiore del nostro è la Grecia, ormai vicina al 200%.

ANDAMENTO CICLICO DEL DEBITO PUBBLICO


Tornando ai dati di gennaio diffusi da Bankitalia, si evince che l’incremento del debito è sostanzialmente dovuto a un “aumento delle disponibilità liquide del Tesoro” (32,6 miliardi, a 75,1) e al fabbisogno delle Pubbliche amministrazioni per 2,1 miliardi. Tuttavia, come spiega Maurizio Mazziero, analista finanziario e fondatore di mazzieroresearch.com, l’aumento del debito pubblico nella prima parte dell’anno, e in particolare a gennaio, è una costante per i conti pubblici italiani. “Solitamente, nella parte finale dell’anno, lo Stato tende a snellire il proprio debito pubblico procedendo con pagamenti e trasferimenti in modo da migliorare la fotografia del rapporto debito/Pil che viene scattata nel mese di dicembre – spiega Mazziero – Ciò ovviamente comporta poi un aumento del debito nei mesi immediatamente successivi”.


PIÙ COLLOCAMENTI NEL PRIMO SEMESTRE


Lo stesso Mazziero evidenzia altri elementi “tecnici” che influenzano questa dinamica ciclica. Nel primo semestre, infatti, il Tesoro tende a collocare più titoli di Stato (quindi ad aumentare la quantità di debito) perché ci sono più giorni utili per farlo. E questa tendenza, possiamo aggiungere, ha sicuramente subito un’accelerata dopo l’arrivo di Mario Draghi, con il Tesoro intenzionato a capitalizzare (in termini di rendimenti più bassi) l’abbassamento dello spread.

L’EFFETTO TASSE


Nel secondo semestre, spiega ancora Mazziero, il debito pubblico tende invece a rimanere stabile perché lo Stato incassa i pagamenti delle imposte sui redditi (Irpef e Ires). Una dinamica che, sottolinea l’esperto, darà i suoi effetti (questa volta negativi) solo il prossimo anno, quando il crollo dei redditi provocato dalla pandemia nel 2020 si vedrà nelle imposte versate nella seconda parte del 2021 sui redditi maturati l’anno precedente. La speranza è che questo calo venga compensato dall’aumento delle imposte dirette (Iva e accise) portato dalla ripresa economica. Imposte dirette che, invece, sono già drasticamente crollate sui versamenti del 2020.

IL RUOLO FONDAMENTALE DELLA BCE


Scorrendo il bollettino di Bankitalia sul debito di gennaio, si nota come “l’effetto degli scarti e dei premi all’emissione e al rimborso della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione dei tassi di cambio ha ridotto il debito per 0,9 miliardi”, evidenziando quindi una dinamica favorevole dai fattori tecnici di collocamento del debito italiano. Tuttavia, la stessa nota evidenzia un aumento della quota di debito detenuta dalla Banca d’Italia, da 21,6% a 21,8%, a riprova della sempre maggiore importanza dell’intervento delle banche centrali – in questo caso della Banca d’Italia su indirizzo della Banca centrale europea – per la sostenibilità del nostro debito. Sostenibilità che passa anche dal famoso “debito buono”, contratto per far crescere il Pil, a cui mira il premier Draghi, ma che per ora trova il sostegno principale nella politica di acquisti portata avanti dalla Bce.
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