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Da Berlusconi a Draghi

Ecco spiegato l’andamento dello spread in Italia negli ultimi anni

Dall’ultimo governo Berlusconi ai giorni delle consultazioni di Mario Draghi, il differenziale tra Btp e Bund tedeschi ha vissuto delle vere e proprie montagne russe

di Matia Venini 5 Febbraio 2021 09:51
financialounge -  Mario Draghi Silvio Berlusconi spread

Sono passati ormai dieci anni da quando la parola “spread” è entrata a far parte del vocabolario degli italiani. Subito additato come simbolo del potere dell’economia sulla sovranità del Paese, il differenziale tra Btp e Bund tedeschi è diventato nel corso del tempo uno strumento utile a fotografare la situazione politico-economica dell’Italia. Durante le consultazioni avviate da Mario Draghi per formare un nuovo governo lo spread è sceso sotto quota 100 punti base, come non accadeva dal 2015, ma in questi anni è stato vicino anche ai 600.

[caption id="attachment_175700" align="alignnone" width="529"] L'andamento dello spread negli ultimi 10 anni[/caption]

L’ULTIMO GOVERNO BERLUSCONI


Luglio 2011. L’ultimo governo Berlusconi approva la manovra correttiva da 24 miliardi di euro con la quale si propone di raggiungere il pareggio di bilancio in tre anni. I mercati europei nel frattempo sono alle prese con la crisi del debito sovrano. Lo spread è stabile sopra i 200 punti. La fiducia degli investitori sulla capacità dell’Italia di pagare i propri debiti comincia a traballare. Il 5 agosto Bce e Bankitalia chiedono al governo di anticipare il pareggio di bilancio al 2013 e il differenziale tra Btp e Bund schizza a 400 punti, che diventano 575 il 9 novembre, sulla scia della scarsa stima riposta nei nostri confronti da parte degli altri paesi europei. Il crollo dei mercati schiaccia Berlusconi, che annuncia le proprie dimissioni.

LA FASE DI MARIO MONTI


Il 16 novembre il governo del Paese passa dalle mani di Silvio Berlusconi a quelle di Mario Monti. Lo spread scende a 530 punti base. Nonostante il cambio politico, nel 2012 il differenziale non si raffredda, a causa soprattutto del taglio del rating italiano da parte dell’agenzia Moody’s. Gli stati sovrani europei finanziariamente più deboli, come l’Italia, sono sotto l’attacco della speculazione finanziaria. Il 26 luglio è il giorno del “whatever it takes” del Presidente della Bce Mario Draghi: “Faremo di tutto per salvare l’Euro. E credetemi, sarà abbastanza”.

LA LEGISLATURA 2013-2018


Il Parlamento scaturito dal voto del 2013 dà vita a una maggioranza confusa. Il 29 aprile Enrico Letta viene nominato Presidente del Consiglio. Lo spread è stabile sopra i 250 punti base, ma scende sotto i 200 punti il 21 febbraio 2014, giorno dell’insediamento di Matteo Renzi a Palazzo Chigi. A settembre il differenziale tocca i minimi storici dal 2011, a 129 punti base. La situazione, grazie soprattutto al Quantitative Easing lanciato dalla Bce, rimane stabile fino al 2016, anno della Brexit. Lo spread arriva a 177 punti e sale ancora a novembre, sull’incertezza del referendum costituzionale promosso da Renzi. Il 5 dicembre, giorno delle sue dimissioni, il differenziale ha già scontato la sua sconfitta e chiude a 167 punti.

IL GOVERNO GIALLO-VERDE


Lo spread rimane tranquillo fino al 2018, anno delle ultime elezioni politiche e della nascita del governo giallo-verde a guida Giuseppe Conte. Già nelle fasi di ricerca di una maggioranza il differenziale teme il formarsi di un esecutivo anti-europeista e il 29 maggio arriva a quota 320 punti, i livelli massimi dal 2013. Il governo Conte I, sostenuto da Lega e Movimento 5 stelle, fa vivere allo spread delle vere e proprie montagne russe, tra dichiarazioni di uscita dall’Euro e la battaglia tra l’esecutivo e la Commissione europea sul deficit per la presentazione della finanziaria. L’esperienza giallo-verde si conclude con il differenziale a 240 punti base.

DAL GOVERNO GIALLO-ROSSO AI GIORNI NOSTRI


Dopo la crisi di governo del 2019, Conte cambia idea e si fa garante di un esecutivo europeista, sostenuto da Pd e Movimento 5 stelle. A fine anno lo spread si calma a 160 punti base. La tranquillità però dura poco. Nel 2020 scoppia la pandemia di Covid-19. In mezzo a una crisi economia e sanitaria, uno scivolone verbale di Christine Lagarde lancia il differenziale a 262 punti. “Non siamo qui per ridurre gli spread. Ci sono altri strumenti e altri attori per affrontare questi temi”, dice la Presidente della Bce, che poi ci mette una pezza lanciando il Pandemic emergency purchase programme (Pepp), una sorta di Quantitative Easing pandemico. Nel 2020 lo spread chiude a 108 punti base. Il Paese si prepara ora a vivere una nuova fase sotto il probabile governo Draghi. E lo spread si augura di vivere più sereno.
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