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Anton Brender

“L’entità dei danni del coronavirus all’economia è in gran parte sconosciuta"

Secondo l’outlook degli esperti di Candriam le misure straordinarie adottate dai governi per sostenere imprese e famiglie potrebbero non essere sufficienti a limitare le conseguenze negative della pandemia globale

di Chiara Merico 15 Giugno 2020 17:10

I provvedimenti presi dai governi e dalle autorità per contenere gli effetti negativi della pandemia – come la chiusura di interi settori dell’economia e le misure straordinarie di supporto per imprese e famiglie - potrebbero non essere sufficienti per rimettere in moto l’economia mondiale. È uno dei temi emersi nel corso della conferenza stampa in cui Florence Pisani, global head of economic research, e Anton Brender, chief economist di Candriam, hanno illustrato l’outlook economico e finanziario per i prossimi mesi.

DIFFICILE PREVEDERE QUANDO L’ECONOMIA POTRÀ RIPARTIRE


Secondo gli esperti, la contrazione dell'attività economica è stata ovunque talmente profonda che risulta difficile misurarne l'intensità, così come è altrettanto complicato prevedere quanto rapidamente l’economia mondiale riuscirà a riprendere fiato. “All'inizio di giugno, la pandemia è in corso ancora in varie parti del mondo”, e inoltre “è difficile prevedere i comportamenti di spesa delle famiglie alla fine del lockdown: l'aumento dell'incertezza, la concentrazione dell’eccesso di risparmio nelle fasce più ricche della popolazione, ma anche un'eventuale evoluzione verso un modello di consumo più ‘frugale’ potrebbero determinare solo un moderato rimbalzo dei consumi”.

ATTIVITÀ A LUNGO A LIVELLI MOLTO INFERIORI AL PRE-CRISI


"L’'entità del deterioramento del tessuto economico è ancora ampiamente sconosciuta", ha sottolineato Anton Brender. Nella maggior parte dei Paesi sviluppati, i governi hanno sicuramente agito con determinazione, compensando il grosso delle perdite salariali con i sussidi. Tuttavia, non hanno, però, in nessun caso, compensato le imprese per il calo del reddito operativo. Inoltre, in assenza di uno stimolo fiscale adeguato e tempestivo, gli investimenti produttivi hanno poche possibilità di ritornare rapidamente ai livelli pre-crisi e l'attività potrebbe restare a lungo al disotto di quanto ci si aspettasse sei mesi fa.

IN USA DISOCCUPAZIONE AL 20% IN APRILE


Negli Usa, anche se il calo dell'attività sembra essere stato meno importante rispetto alla media dei Paesi dell'Eurozona, “la crisi ha comunque colpito in modo significativo i settori ad alta intensità di manodopera'" sottolinea Brender. Il tasso di disoccupazione si è avvicinato al 20% in aprile, per poi calare un po' in maggio. In parallelo è aumentato il tasso di risparmio delle famiglie, trend che riflette un calo consistente dei consumi e una relativa stabilità dei redditi grazie all'aumento dei sussidi ricevuti. Al momento l’approvazione di un nuovo accordo di bilancio è bloccata dai disaccordi tra democratici e repubblicani, ma un compromesso potrebbe arrivare dato il difficile contesto politico e l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali. Il Pil Usa alla fine del 2020 potrebbe attestarsi a un livello del 5% inferiore a quello atteso all'inizio dell'anno e l'attività registrerebbe una contrazione di circa il 6,5% in media nel corso dell’anno.

IN EUROPA ANCORA ECONOMIA LONTANA DAI LIVELLI NORMALI


In Europa, invece, nonostante il progressivo allentamento dei lockdown,all'inizio di giugno l'economia era ancora lontana dall’essere tornata ai normali livelli di attività. "In assenza di provvedimenti di sostegno supplementari, un ritorno entro la fine dell'anno a un livello precrisi appare alquanto improbabile", ha spiegato Florence Pisani, secondo cui “questa crisi aggraverà le divergenze tra Stati membri". In media nel 2020 l'attività si contrarrà dell’8% nell'Eurozona, ma il calo dovrebbe essere nettamente superiore in Francia, in Italia o in Spagna (tra il -10 e il 12%) rispetto alla Germania (-6%).

NEXT GENERATION EU, UN PASSO AVANTI


In questo quadro, secondo gli esperti di Candriam il programma Next Generation EU proposto dalla Commissione europea è un buon passo in avanti, proprio perché ne beneficerebbero principalmente le economie maggiormente colpite o meno sviluppate. Inoltre, dei 750 miliardi di euro del programma, 500 miliardi saranno erogati sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto e non di prestiti. Infine, nel tentativo di eludere il divieto imposto dall'Ue di prendere prestiti per finanziare il proprio bilancio, la Commissione sta finalmente ponendo le basi per un vero meccanismo di trasferimenti all'interno dell'Unione.

TEMPI TROPPO LUNGHI


Tuttavia, come ha ricordato Pisani, "i tempi del processo decisionale europeo sono troppo lunghi per sperare che questo programma dia un sostegno all'attività nel 2020". Anche se il progetto, che necessita l'approvazione dei 27 Stati membri, verrà accettato, per l’esperta "bisognerà fare ancora di più se si vuole evitare che i mercati si interroghino regolarmente in merito alla sostenibilità del debito pubblico italiano e finiscano per mettere in dubbio l'integrità dell'Eurozona”.
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