Adrian Hilton
“Crescita globale in frenata? Non dipende solo dal commercio”
Oltre a un dollaro Usa in possibile calo, Hilton (Columbia Threadneedle Investments) ritiene improbabile un aumento dei rendimenti obbligazionari alla luce dei crescita stagnante e scarsa inflazione
di Leo Campagna 4 Febbraio 2020 21:00
Le preoccupazioni su una escalation della guerra commerciale hanno frenato nel 2019 l’attività globale. Quest’ultima, tuttavia, evidenziava segnali di rallentamento sei mesi prima che cominciassero ad emergere le discussioni sui dazi. Il che, come sottolinea Adrian Hilton, responsabile tassi e valute globali di Columbia Threadneedle Investments, lascia supporre che la contrazione degli investimenti non sia dovuta soltanto alle dispute commerciali in atto e, di conseguenza, potrebbe continuare, con implicazioni sulla ripresa, anche in caso di distensione tra Stati Uniti e Cina.
Le considerazioni dell’esperto poggiano su diversi fattori tra i quali spiccano il rallentamento della Cina e la trasformazione strutturale del mercato dell’auto. “Già dal 2016 le autorità cinesi hanno contrastato l’indebitamento dell’economia domestica concentrando i propri interventi per sanare le nicchie di attività che presentavano i più pericolosi squilibri. Il tutto mentre Pechino punta a preservare l’avanzo commerciale”, spiega Hilton.
Il settore automobilistico, invece, è pervaso da dinamiche che ne stanno rivoluzionando la domanda e l’offerta: dall’evoluzione dei modelli di proprietà alla diffusione del car-sharing, dallo sviluppo di veicoli elettrici alle recenti modifiche delle imposte in Cina e del regime normativo sulle emissioni in Europa. Dinamiche che sono alla base del sensibile rallentamento delle vendite in un settore che è sempre stato un importante catalizzatore dell’attività industriale globale.
Certo se Washington e Pechino firmassero un primo accordo commerciale con condizioni sostanziali – per esempio un aumento degli acquisti cinesi di prodotti agricoli statunitensi e la sospensione dei dazi sia in essere che futuri– la fiducia tra le imprese potrebbe aumentare, con conseguente impulso agli investimenti aziendali e possibile accelerazione della ripresa. Hilton, tuttavia, si dice convinto che le tensioni a lungo termine relative al trasferimento di tecnologie e al saldo commerciale bilaterale continueranno a persistere anche dopo un eventuale accordo preliminare.
L’esperto, in particolare, vede l’economia statunitense propagarsi ad un tasso al di sotto di quello tendenziale di lungo periodo, e la crescita europea muoversi in linea con quella registrata quest’anno. Queste previsioni di crescita sostanzialmente stagnanti e l’assenza di chiare pressioni inflazionistiche rafforzano la sua convinzione sui rendimenti obbligazionari: quest’anno non dovrebbero aumentare in modo netto.
Infine, sempre secondo Hilton, potrebbero delinearsi le condizioni affinchè il dollaro USA arretri, avvicinandosi alle valutazioni di lungo periodo. “Non siamo particolarmente certi di questo, ma le basi di questo movimento potrebbero crearsi nel caso in cui prenda corpo un restringimento dei differenziali di crescita e dei tassi rispetto ad altre importanti economie. Inoltre, un indebolimento del biglietto verde potrebbe essere favorito anche dall’allentamento delle tensioni sul fronte della guerra commerciale, che lo renderebbe meno attraente come bene rifugio”, conclude l’esperto.
IL RALLENTAMENTO DELLA CINA
Le considerazioni dell’esperto poggiano su diversi fattori tra i quali spiccano il rallentamento della Cina e la trasformazione strutturale del mercato dell’auto. “Già dal 2016 le autorità cinesi hanno contrastato l’indebitamento dell’economia domestica concentrando i propri interventi per sanare le nicchie di attività che presentavano i più pericolosi squilibri. Il tutto mentre Pechino punta a preservare l’avanzo commerciale”, spiega Hilton.
E QUELLO DEL MERCATO AUTOMOBILISTICO
Il settore automobilistico, invece, è pervaso da dinamiche che ne stanno rivoluzionando la domanda e l’offerta: dall’evoluzione dei modelli di proprietà alla diffusione del car-sharing, dallo sviluppo di veicoli elettrici alle recenti modifiche delle imposte in Cina e del regime normativo sulle emissioni in Europa. Dinamiche che sono alla base del sensibile rallentamento delle vendite in un settore che è sempre stato un importante catalizzatore dell’attività industriale globale.
“Le azioni asiatiche erano sottovalutate già prima del coronavirus”
“Le azioni asiatiche erano sottovalutate già prima del coronavirus”
LE TENSIONI USA–CINA PERSISTERANNO
Certo se Washington e Pechino firmassero un primo accordo commerciale con condizioni sostanziali – per esempio un aumento degli acquisti cinesi di prodotti agricoli statunitensi e la sospensione dei dazi sia in essere che futuri– la fiducia tra le imprese potrebbe aumentare, con conseguente impulso agli investimenti aziendali e possibile accelerazione della ripresa. Hilton, tuttavia, si dice convinto che le tensioni a lungo termine relative al trasferimento di tecnologie e al saldo commerciale bilaterale continueranno a persistere anche dopo un eventuale accordo preliminare.
I RENDIMENTI OBBLIGAZIONARI NON SALIRANNO IN MODO NETTO NEL 2020
L’esperto, in particolare, vede l’economia statunitense propagarsi ad un tasso al di sotto di quello tendenziale di lungo periodo, e la crescita europea muoversi in linea con quella registrata quest’anno. Queste previsioni di crescita sostanzialmente stagnanti e l’assenza di chiare pressioni inflazionistiche rafforzano la sua convinzione sui rendimenti obbligazionari: quest’anno non dovrebbero aumentare in modo netto.
IL DOLLARO? POTREBBE ANCHE INDEBOLIRSI SE…
Infine, sempre secondo Hilton, potrebbero delinearsi le condizioni affinchè il dollaro USA arretri, avvicinandosi alle valutazioni di lungo periodo. “Non siamo particolarmente certi di questo, ma le basi di questo movimento potrebbero crearsi nel caso in cui prenda corpo un restringimento dei differenziali di crescita e dei tassi rispetto ad altre importanti economie. Inoltre, un indebolimento del biglietto verde potrebbe essere favorito anche dall’allentamento delle tensioni sul fronte della guerra commerciale, che lo renderebbe meno attraente come bene rifugio”, conclude l’esperto.