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Attese & Mercati – Settimana dal 22 luglio 2019

Dagli indici Pmi potrebbe arrivare una nuova spinta all’allentamento monetario delle banche centrali. Boris Johnson si prepara a succedere a Theresa May, ma lo aspetta una Brexit tutta in salita. Intanto gli iraniani si rifugiano nel Bitcoin per sfuggire a sanzioni e inflazione

di Redazione 22 Luglio 2019 09:58

SALUTE DELLE ECONOMIE GLOBALI ALL’ESAME DEGLI INDICI PMI


Gli indici Pmi, basati su interviste ai direttori acquisti delle imprese, sono ritenuti uno dei più affidabili indicatori previsivi dei trend delle economie. Negli ultimi mesi il quadro generale tratteggiato da questi indici nelle principali economie è di un’attività manifatturiera piuttosto depressa. Mercoledì 24 escono le letture preliminari dei Pmi manifatturieri di luglio per Giappone, Eurozona e Stati Uniti, tre aree in cui le banche centrali si preparano a somministrare ulteriori stimoli monetari. A giugno nell’area euro la lettura finale è stata 48,5, sotto la linea di demarcazione tra espansione e contrazione fissata a quota 50. Negli Usa si viaggia ancora sopra, ma di poco. A livello globale l’indice composito, vale a dire che mette insieme manifatturiero e servizi, tiene sopra quota 50, ma la componente relativa ai nuovi ordini a maggio è scesa per la prima volta dal 2012 sotto 50. Se anche il composito globale va in territorio contrazione a luglio sarà la conferma per le banche centrali che è ora di mettere mano di nuovo a misure di sostegno monetario.

[caption id="attachment_144328" align="alignnone" width="482"]Indice Pmi Jp Morgan composito globale. In rosso gli ordini all’industria manifatturiera (Fonte: Refinity Datastream) Indice Pmi Jp Morgan composito globale. In rosso gli ordini all’industria manifatturiera (Fonte: Refinity Datastream)[/caption]

PER BORIS MISSIONE QUASI IMPOSSIBILE, INTANTO LA STERLINA VA A PICCO


Sembra ormai certo che Boris Johnson a metà settimana si farà consegnare da Theresa May le chiavi del numero 10 di Downing Street, dove ha sede l’ufficio del primo ministro di Sua Maestà. Boris, che nel 2016 ha fatto campagna per l’uscita dalla Ue, dovrebbe aver raccolto la maggioranza dei voti degli iscritti al partito conservatore, circa 160.000 che avevano tempo fino ad oggi, lunedì 22, per esprimersi. Poche chance per l’altro candidato, l’attuale ministro degli Esteri. Mercoledì 24 Theresa parla per l’ultima volta ai Comuni, poi passa la mano al successore. Non ci sarà tempo per la classica ‘luna di miele’, entro il 31 ottobre il nuovo primo ministro deve trovare la quadra della Brexit con il suo Parlamento e con Bruxelles. Altrimenti si va all’uscita caotica o, in alternativa, a elezioni anticipate. Vittima predestinata dell’impasse è la sterlina, che viaggia ai minimi di 27 mesi contro dollaro e in caso di ulteriore peggioramento del quadro politico potrebbe addirittura avvicinarsi alla parità. Potrebbe giocare a favore di Boris il calendario della successione nella governance europea: il primo novembre Juncker deve passare la mano a Ursula von der Leyen, e potrebbe essere la scusa per comprare un po’ di tempo per negoziare con la nuova capa della Commissione.


IN IRAN È CORSA AL BITCOIN PER RIFUGIARSI DA SANZIONI E INFLAZIONE


Sul Bitcoin Donald Trump e gli Ayatollah iraniani la pensano allo stesso modo, lo vorrebbero mettere al bando. Ma per ragioni molto diverse. A Teheran è visto come il fumo negli occhi perché la stretta delle sanzioni e dell’inflazione al galoppo spinge sempre più gente verso le criptovalute, non solo come moneta alternativa al dollaro, ma anche allo stra-svalutato Rial: per comprare un biglietto verde ce ne vogliono poco più di 30, ma con tre zeri dietro. E gli iraniani non si limitano a cercare rifugio nel Bitcoin, li producono con il processo noto come ‘mining’. Il problema (per gli Ayatollah) è che il mining richiede consumi mostruosi di energia elettrica, che serve ad alimentare le catene di computer necessari, e in Iran l’energia elettrica è sovvenzionata dallo Stato. Il che vuol dire che è la Repubblica Islamica a pagare il conto degli iraniani intenti a creare nuovi Bitcoin con il mining. Sui giornali di Teheran la storia è in prima pagina. Il timore non è solo il contagio da Bitcoin, ma che l’Iran diventi una fabbrica clandestina di criptovalute destinate agli usi più diversi. Un altro problema è che in Iran il Bitcoin non è formalmente fuorilegge. Quindi le autorità hanno bandito le importazioni dei computer cinesi che vengono utilizzati per il mining.

 
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