Contatti

BCE

L'Italia va aiutata, altrimenti l'Europa rischia grosso

É l’autorevole opinione di Jim O'Neill, ex top executive di Goldman Sachs ed ex sottosegretario al Tesoro britannico, secondo cui va dato a Roma il tempo necessario per fare le riforme per la crescita

23 Ottobre 2018 07:30

La coalizione di governo italiana ha fatto il giro dei media globali con titoli secondo cui le sue politiche economiche populiste rischiano di fare a pezzi le regole fiscali e di bilancio dell’Eurozona. Ma prima di arrivare a una bocciatura definitiva e irreparabile Bruxelles deve tenere bene a mente che, se l’Italia non riesce a conseguire una crescita più robusta di quella attuale in termini di PIL, le condizioni politiche del paese potrebbero deteriorarsi ulteriormente con conseguenze molto negative per tutti. È l’autorevole opinione espressa su Project Syndacate da Jim O’Neill, oggi Chairman di Chatham House, con un passato di tutto rispetto nelle grandi istituzioni finanziarie internazionali, essendo stato a lungo top executive di Goldman Sachs ed ex sottosegretario al Tesoro britannico, noto anche a livello internazionale per aver coniato il termine BRIC.

PROBLEMI CHE RISALGONO A PRIMA DELL’EURO


O’Neill parte osservando che, nonostante le turbolenze politiche e i rischi emergenti a livello globale, l’Eurozona ha goduto di due anni di forte crescita economica, a dispetto del trauma causato dal voto britannico per uscire dall’Unione. Ma, avverte, con l’emergere di un governo populista in Italia quest’anno, non è prudente dar per scontato che i giorni peggiori per l’area della moneta unica siano alle spalle. Per O’Neill le discussioni sul rapporto debito/PIL dell’Italia non sono una novità, erano oggetto di lunghe discussioni con i suoi colleghi di Goldman già molti anni fa, ben prima dell’ingresso nella moneta unica quando già ci si interrogava sul possibile default italiano. Timori che non si sono mai concretizzati, ma che oggi riemergono nel contesto del confronto sempre più aspro tra Roma e Bruxelles. Tornando indietro alla sua esperienza di oltre 30 anni fa, O’Neill afferma che i problemi italiani risalgono a molto prima della scelta di aderire all’euro. Il primo è costituito dalla scarsa produttività, che si è costantemente trasferita in bassi tassi di crescita, anche se occasionalmente mitigate dalle ricorrenti svalutazioni della vecchia lira.

IL VOTO E’ STATA LA RISPOSTA ALLA BASSA CRESCITA


Ora le svalutazioni non sono più un’opzione, ma anche se lo fossero, osserva O’Neill, la storia ha dimostrato che non aiutano, anzi danneggiano, mentre con l’euro almeno l’Italia ha potuto godere di tassi di interesse molto più bassi di prima. Inoltre le svalutazioni avevano l’effetto di rinviare all’infinito le riforme necessarie, le uniche che potrebbero risollevare la produttività nel lungo termine. Proprio l’incapacità di mettere mano alle riforme ha condotto alla combinazione di continue e dolorose correzioni di bilancio e bassa crescita, una miscela che ha portato gli elettori a premiare Lega e M5S, la prima per la promessa di tasse più basse, il secondo per il reddito di cittadinanza. Ma secondo O’Neill il problema della crescita si risolve solo se aumenta la produttività, e per raggiungere questo risultato servono riforme, come l’aumento della partecipazione al lavoro e creazione di opportunità per i giovani, che richiedono tempo, sia per essere realizzate sia per dare frutti.

UN LUSSO NON CONCESSO ALL’ITALIA


La UE dovrebbe fare la sua parte accompagnando questo sforzo, mentre Commissione, BCE e governo tedesco hanno invece sbagliato insistendo sul rigido rafforzamento del Patto di Stabilità e Crescita, soprattutto con il limite al 3% del deficit/PIL, limite che è stato peraltro consentito di sfondare ad altri paesi nei momenti più difficili. Un lusso non concesso all’Italia a causa della dimensione del debito. Ma, afferma O’Neill citando gli esempi di Belgio e Giappone, un debito molto elevato può essere abbattuto solo con una crescita economica sostenuta. A complicare le cose il fatto che alcune riforme necessarie al recupero di competitività possono comprimere la crescita nel breve periodo, quindi il governo deve avere l’opportunità di ricorrere a politiche anti-cicliche. Un altro problema è costituito dal target del 2% di inflazione della BCE, troppo basso per far partire una fase di crescita anche in Italia. Bottom line. O’Neill avverte Bruxelles di stare attenta a non opporsi troppo aggressivamente alla manovra italiana. Oltretutto si tratta di un governo democraticamente eletto, e la UE dovrebbe preoccuparsi di più di cosa potrebbe succedere se la situazione economica degenerasse. L’Italia ha bisogno di una crescita nominale del PIL più forte. Chi ha a Bruxelles i poteri decisionali sa bene che l’Eurozona non sopravviverebbe a una crisi italiana stile Grecia. Che non ci si arrivi è loro responsabilità.

Attese & Mercati – Settimana dal 22 ottobre 2018


Attese & Mercati – Settimana dal 22 ottobre 2018




Share:
Trending