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Attese & Mercati – Settimana dal 22 ottobre 2018

Insight su cosa ci aspetta e cosa potrebbe sorprenderci nelle economie e sui mercati. Una Wall Street nervosa al test di 160 trimestrali e del dato del PIL che dovrebbe confermare la forte crescita. Attesa per la BCE dopo manovra e downgrade italiani. Occhi su Pechino per lo yuan e sull’Arabia per la Davos nel deserto.

22 Ottobre 2018 10:19

PIOGGIA DI 160 TRIMESTRALI SULLO S&P 500.


Una Wall Street nervosa ma sempre a una distanza inferiore al 6% dai massimi di sempre affronta in settimana il test di ben 160 trimestrali di società quotate sullo S&P 500 che comprendono nomi importanti dell’high.tech, dell’industria e della distribuzione. Tra questi Amazon, Alphabet, Mattel, Ford, Colgate-Palmolive, Merck, Twitter, Visa, Hasbro, McDonald’s, Chipotle, United Technologies, Mattel e Ford. Il recente storno ha portato il rapporto forward tra prezzi delle azioni e utili sotto quota 16, che dalla Brexit in poi si è rivelato un solido ‘pavimento’. Finora ha pubblicato le trimestrali il 17% delle società dello S&P 500 con un numero di risultati, l’80%, che hanno battuto le attese sopra la media ma per un importo, il 3,9%, inferiore alla media storica a 5 anni. Finora gli utili anno su anno per il terzo trimestre hanno segnato un aumento del 19,5%, il livello più elevato dal primo trimestre del 2011.

AMERICA IN CRESCITA SOSTENUTA NEL TERZO TRIMESTRE.


Venerdì esce il numero magico del PIL Usa nel terzo trimestre che dovrebbe smentire i giudizi di insostenibilità emessi dopo la crescita spumeggiante del secondo trimestre a 4,1%. Le stime più accurate della Fed di Atlanta e New York puntano a un rotondo 4%, che sicuramente Trump spenderà sui media a due settimane dal voto di mid-term. Altri indicatori puntano a una crescita robusta che si sta estendendo anche nel quarto e ultimo trimestre. L’Empire State Index di ottobre è rimbalzato a 21,1 dopo il minimo di 5 mesi a 19,0 a settembre ma ancora sotto il 25,6 di agosto, mantenendosi in territorio positivo per 24 mesi consecutivi. Il Leading Economic Index di settembre è salito dello 0,5% a 111,8 accelerando rispetto a 111,2 di agosto quando aveva superato per la prima volta da sempre quota 111 con otto delle dieci componenti in rialzo.

EURO E BTP APPESI ALLE PAROLE DI DRAGHI.


Moneta unica sotto i riflettori insieme al debito italiano giovedì quando Mario Draghi presiede la riunione periodica della BCE sulla politica monetaria. L’economia europea resta su un saldo sentiero di crescita anche se non ha ancora recuperato il rallentamento della prima parte dell’anno. Finora la BCE ha insistito sul fatto che I fondamentali dell’Eurozona restano forti mentre si avvia a chiudere a dicembre il programma di acquisti di titoli del Quantitative Easing già dimezzato a 15 mld al mese da inizio ottobre. Il sentiment degli analisti converge comunque in direzione di una certa debolezza dell’euro contro dollaro nei prossimi mesi, anche in considerazione del permanere delle tensioni tra Italia e Bruxelles sulla manovra, che molti vedono non destinate a rientrare nelle prossime settimane. Attese le parole di Draghi anche sulle tensioni commerciali globali e sulla Brexit, che il capo della BCE mette in cima ai rischi per la crescita economica dell’Eurozona. Il giorno dopo Draghi arriverà il giudizio sull’Italia di S&P, dopo che Moody’s ha abbassato il rating ma mantenuto l’outlook a stabile.

IL FIASCO DI MOHAMMED, YUAN NEL MIRINO.


Sta diventando una ‘catastrofe nel deserto’ il summit saudita che si apre martedì e avrebbe dovuto attirare investitori da tutto il mondo alla corte del principe della corona e Mohammed bin Salman a cui il caso dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi. Dozzine di grandi nomi globali, da JP Morgan a Ford fino a Uber, hanno disdetto la partecipazione a quella che era stata ribattezzata la Davos nel deserto, che avrebbe dovuto rilanciare la penisola del petrolio come destinazione di capitali e progetti da tutto il mondo. E c’è chi già prevede che Mohammed potrebbe non sopravvivere al fiasco. Da Riyadh a Pechino, occhi sullo yuan che si sta avvicinando in discesa al livello di 7 a 1 su dollaro, minimo dal 2008, con l’economia che rallenta e i dazi americani che incombono. Dai picchi di inizio febbraio il mercato azionario cinese ha perso quasi il 30% e Pechino potrebbe essere tentata di lasciar andare la moneta, anche a rischio di fughe di capitali. I mercati non apprezzerebbero, sarebbe un brutto segno per la fiducia nella stabilità cinese.
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