mercati obbligazionari
Idee di investimento – Obbligazioni – 12 marzo 2018
Il rialzo dei rendimenti rende le obbligazioni più funzionali in ottica di difesa dai cali dell’azionario. Tra i segmenti più interessanti l’high yield europeo.
12 Marzo 2018 09:55
Tra gli aspetti positivi derivanti dal rialzo dei rendimenti delle obbligazioni c’è anche quello della loro maggiore copertura contro le perdite del mercato azionario. Infatti, come viene argomentato nell’articolo “Ora le obbligazioni sono una copertura più efficace per l’investimento azionario”, il Treasury USA a 2 anni si è attestato ora al 2,26% (al disopra del dividendo medio dell’indice S&P500 di Wall Street posizionato a quota 1,9%) mentre il decennale del Tesoro americano viaggia al 2,87%, cioè circa il doppio rispetto al minimo dell’1,5% di tutti i tempi dell’estate 2016. Insomma, è vero che gli investitori che detengono un portafoglio diversificato di azioni e obbligazioni sono al momento sicuramente delusi dal fatto che entrambe le classi di attività hanno perso valore lo scorso mese, ma è altrettanto vero che, soprattutto adesso, non c’è motivo di rinunciare alle obbligazioni come copertura efficace contro i futuri cali del mercato azionario.
Anche Richard Turnill, BlackRock’s Global Chief Investment Strategist, nell’articolo “Titoli di stato USA in vetrina grazie all’aumento dei rendimenti” sottolinea come i rendimenti più elevati rappresentino un’opportunità per gli investitori che possono aggiungere un’esposizione di breve termine che eviti i rischi legati alla duration (scadenza media dei titoli obbligazionari e maggiore sensibilità alle variazioni dei tassi di interesse, ndr) più lunga. Adesso, fa infatti notare il manager, gli investimenti finanziari hanno una valida alternativa al contante, potendo contare su rendimenti finalmente al di sopra dei livelli di inflazione. Il costante aumento dei rendimenti delle obbligazioni con scadenze più brevi offre un cuscinetto più solido contro i timori legati a ulteriori aumenti dei tassi di interesse che dovrebbero salire di un ulteriore punto percentuale per azzerare la cedola offerta dal Treasury USA a due anni. “Si tratta di quasi il doppio dell’ammortizzatore offerto due anni fa e, soprattutto, di un cuscinetto più ampio rispetto a quello garantito attualmente dai bond a lungo termine” specifica Richard Turnill. Insomma, per lo strategist, i titoli di stato americani a breve scadenza offrono ora un interessante rendimento reale (al netto cioè dei prezzi al consumo) anche perché i rendimenti ora sono ben al di sopra dei livelli dell’inflazione corrente e sia di quella target (2%).
Per chi invece teme che la soglia de 3% dei Treasury USA decennali possa far scattare vendite sui mercati azioni il consiglio è di leggere l’articolo “Il Treasury decennale oltre il 3% non significa mercati ribassisti” nel quale si segnala che, in base alla cronologia storica, il livello chiave del Treasury USA decennale, superato il quale Wall Street inverte la direzione, è il 4%. “Sebbene gli investitori temano i rendimenti dei Treasury USA decennali superiori al 3% il numero più critico da osservare è il 4%” ha specificato nell’articolo Tom Lee, managing partner di Fundstrat Global Advisors. Infatti, ha spiegato il manager, la cronologia storica indica che il 4% è il livello chiave, poiché questo è il punto in cui il rapporto prezzo/utili (p/e) inizia a sentirsi sotto pressione: l’ultima volta che i tassi di interesse erano così bassi e il rapporto p/e a tali livelli dopo 10 anni di rialzo di Wall Street erano gli anni ’40 -’50: ma, non appena i tassi di interesse sono saliti sopra il 4%, il rapporto p/e ha iniziato a contrarsi e, con esso, le quotazioni di Wall Street.
In Europa, invece, il team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management guarda con interesse agli high yield europei. I fondamentali di questa specifica asset class restano solidi e, al 28 febbraio scorso, il rapporto tra gli spread dei titoli ad alto rendimento e i titoli Investment Grade europei è tornato sui di prima dell’avvio del programma di acquisti di obbligazioni societarie da parte della Banca Centrale Europea nel giugno del 2016. “Individuiamo ottime opportunità di guadagno nelle obbligazioni con rating con singola B, in particolare rispetto alla fascia creditizia equivalente del mercato statunitense: infatti, al 28 febbraio gli spread europei si attestavano a 449 punti base (+4,49%), contro i 347 (+3,47%) di quelli statunitensi” fa presente il team nell’articolo "High Yield europei, fondamentali solidi e rendimenti più interessanti rispetto agli USA”. Il tutto senza trascurare quello che per il team costituisce, forse, il principale fattore tecnico di supporto all’asset class: l’uscita dall’indice di riferimento delle cosiddette società ‘rising star’ (le emissioni obbligazionarie che, a seguito della loro promozione dal segmento high yield a investment grade, vengono escluse dal paniere). “Dal momento che le stime relative a questo fenomeno indicano una percentuale tra il 10% e il 15% dei titoli dell’indice nei prossimi 12 mesi, gli investitori del settore dovranno pensare a come riallocare i capitali” precisa il team.
Infine, nell’articolo “Guerra commerciale e mosse della Fed in primo piano al forum di PIMCO”, incentrato il Forum trimestrale di PIMCO, tra i temi in discussione figurano le decisioni di Powell (il neo presidente della Fed). In particolare, il fatto che il ritmo degli aumenti dei tassi segua o meno le dinamiche relative al rafforzamento dell’espansione, al rialzo delle sorprese inflazionistiche e alla sregolatezza fiscale. Tutto ciò sarà in grado di cambiare l’attuale schema che prevede tre aumenti nei tassi dei fondi della Fed quest’anno e altri due l’anno prossimo già nella riunione del FOMC (Federal Open Market Committee, l’organismo della banca centrale americana che controlla i tassi USA) di marzo? E in che modo tutto questo interagirà con il contenimento del bilancio della Fed e le possibili mosse delle altre banche centrali per ridurre lo stimolo monetario? Sono questi due importanti interrogativi che verranno approfonditi nelle discussioni del forum.
TREASURY A DUE ANNI ALTERNATIVI AL CONTANTE
Anche Richard Turnill, BlackRock’s Global Chief Investment Strategist, nell’articolo “Titoli di stato USA in vetrina grazie all’aumento dei rendimenti” sottolinea come i rendimenti più elevati rappresentino un’opportunità per gli investitori che possono aggiungere un’esposizione di breve termine che eviti i rischi legati alla duration (scadenza media dei titoli obbligazionari e maggiore sensibilità alle variazioni dei tassi di interesse, ndr) più lunga. Adesso, fa infatti notare il manager, gli investimenti finanziari hanno una valida alternativa al contante, potendo contare su rendimenti finalmente al di sopra dei livelli di inflazione. Il costante aumento dei rendimenti delle obbligazioni con scadenze più brevi offre un cuscinetto più solido contro i timori legati a ulteriori aumenti dei tassi di interesse che dovrebbero salire di un ulteriore punto percentuale per azzerare la cedola offerta dal Treasury USA a due anni. “Si tratta di quasi il doppio dell’ammortizzatore offerto due anni fa e, soprattutto, di un cuscinetto più ampio rispetto a quello garantito attualmente dai bond a lungo termine” specifica Richard Turnill. Insomma, per lo strategist, i titoli di stato americani a breve scadenza offrono ora un interessante rendimento reale (al netto cioè dei prezzi al consumo) anche perché i rendimenti ora sono ben al di sopra dei livelli dell’inflazione corrente e sia di quella target (2%).
ATTENZIONE AL 4%
Per chi invece teme che la soglia de 3% dei Treasury USA decennali possa far scattare vendite sui mercati azioni il consiglio è di leggere l’articolo “Il Treasury decennale oltre il 3% non significa mercati ribassisti” nel quale si segnala che, in base alla cronologia storica, il livello chiave del Treasury USA decennale, superato il quale Wall Street inverte la direzione, è il 4%. “Sebbene gli investitori temano i rendimenti dei Treasury USA decennali superiori al 3% il numero più critico da osservare è il 4%” ha specificato nell’articolo Tom Lee, managing partner di Fundstrat Global Advisors. Infatti, ha spiegato il manager, la cronologia storica indica che il 4% è il livello chiave, poiché questo è il punto in cui il rapporto prezzo/utili (p/e) inizia a sentirsi sotto pressione: l’ultima volta che i tassi di interesse erano così bassi e il rapporto p/e a tali livelli dopo 10 anni di rialzo di Wall Street erano gli anni ’40 -’50: ma, non appena i tassi di interesse sono saliti sopra il 4%, il rapporto p/e ha iniziato a contrarsi e, con esso, le quotazioni di Wall Street.
HIGH YIELD, EUROPA MEGLIO DEGLI STATES
In Europa, invece, il team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management guarda con interesse agli high yield europei. I fondamentali di questa specifica asset class restano solidi e, al 28 febbraio scorso, il rapporto tra gli spread dei titoli ad alto rendimento e i titoli Investment Grade europei è tornato sui di prima dell’avvio del programma di acquisti di obbligazioni societarie da parte della Banca Centrale Europea nel giugno del 2016. “Individuiamo ottime opportunità di guadagno nelle obbligazioni con rating con singola B, in particolare rispetto alla fascia creditizia equivalente del mercato statunitense: infatti, al 28 febbraio gli spread europei si attestavano a 449 punti base (+4,49%), contro i 347 (+3,47%) di quelli statunitensi” fa presente il team nell’articolo "High Yield europei, fondamentali solidi e rendimenti più interessanti rispetto agli USA”. Il tutto senza trascurare quello che per il team costituisce, forse, il principale fattore tecnico di supporto all’asset class: l’uscita dall’indice di riferimento delle cosiddette società ‘rising star’ (le emissioni obbligazionarie che, a seguito della loro promozione dal segmento high yield a investment grade, vengono escluse dal paniere). “Dal momento che le stime relative a questo fenomeno indicano una percentuale tra il 10% e il 15% dei titoli dell’indice nei prossimi 12 mesi, gli investitori del settore dovranno pensare a come riallocare i capitali” precisa il team.
LE MOSSE DI POWELL AI RAGGI X
Infine, nell’articolo “Guerra commerciale e mosse della Fed in primo piano al forum di PIMCO”, incentrato il Forum trimestrale di PIMCO, tra i temi in discussione figurano le decisioni di Powell (il neo presidente della Fed). In particolare, il fatto che il ritmo degli aumenti dei tassi segua o meno le dinamiche relative al rafforzamento dell’espansione, al rialzo delle sorprese inflazionistiche e alla sregolatezza fiscale. Tutto ciò sarà in grado di cambiare l’attuale schema che prevede tre aumenti nei tassi dei fondi della Fed quest’anno e altri due l’anno prossimo già nella riunione del FOMC (Federal Open Market Committee, l’organismo della banca centrale americana che controlla i tassi USA) di marzo? E in che modo tutto questo interagirà con il contenimento del bilancio della Fed e le possibili mosse delle altre banche centrali per ridurre lo stimolo monetario? Sono questi due importanti interrogativi che verranno approfonditi nelle discussioni del forum.
Trending