BCE
BCE, prevale la cautela: tassi e acquisti invariati
Draghi teme il super-euro: “La volatilità del tasso di cambio rappresenta una fonte di incertezza per l'inflazione” . Annunciate novità per ottobre
7 Settembre 2017 14:32
Come accaduto nelle riunioni precedenti, ed esattamente come atteso dalla maggior parte degli osservatori, la Banca centrale europea non ha apportato modifiche né ai tassi di interesse né alle quantità e tempistiche del programma d’acquisti dei titoli di stato.
Dalla nota diffusa dalla BCE non emergono novità sul costo del denaro: il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali resta a zero, il tasso sulle operazioni marginali resta allo 0,25 per cento e il tasso sui depositi presso la banca centrale resta al meno 0,40%. Inoltre, secondo l’analisi della BCE, i tassi resteranno ai livelli attuali "per un prolungato periodo di tempo e ben oltre l'orizzonte degli acquisti netti di attività".
Se per questa prima decisione non c’erano dubbi di sorta, qualcuno si aspettava delle indicazioni sul Quantitative easing. Ma anche in questo caso la BCE non ha apportato modifiche, confermando il programma di acquisti fino alla fine del 2017 "o anche oltre se necessario" al ritmo di 60 miliardi di euro al mese. E proprio la presenza di questa apertura ad un eventuale prolungamento del QE è forse l’elemento più importante della comunicazione fornita dalla BCE. Complice anche l’euro forte, che rischia di penalizzare l’export delle imprese dell’Eurozona, Mario Draghi ha scelto di tenere la barra dritta per continuare a sostenere l’economia europea in caso di necessità.
LE PAROLE DI DRAGHI
Nel corso della conferenza stampa seguita alla riunione del Consiglio direttivo, Mario Draghi ha evidenziato come il “super-euro” abbia ripercussioni negative sull’inflazione: “La recente volatilità del tasso di cambio – ha commentato Draghi – rappresenta una fonte di incertezza che richiede di essere monitorata per le sue implicazioni sulla stabilità dei prezzi nel medio termine”.
E proprio parlando dell’inflazione (il target della BCE è fissato poco al di sotto del 2%) Draghi ha diramato le ultime stime, riviste al ribasso: +1,5% nel 2017, +1,2% nel 2018, +1,5% nel 2019. Tuttavia, il numero uno della BCE ha annunciato che nel mese di ottobre (la riunione è fissata per il 26) verranno prese “gran parte delle decisioni” riguardo la politica monetaria del 2018. Decisioni che, ha sottolineato più volte, dovranno tenere conto di un insieme di fattori tra cui la produttività e le riforme strutturali, pur ricordando più volte come la ripresa dell'Eurozona sia "solida e ampia".
Solo allora, a meno di improvvisi peggioramenti dell’economia, verrà stilato il piano per il 2018. Sul tema dell’eventuale scarsità di asset da acquistare, Draghi non si è detto preoccupato potendo contare sulla “flessibilità del programma” e anzi ha ribadito la volontà di reinvestire i proventi dei titoli già acquistati “al ritmo del quantitative easing”. Prima di difendere con fermezza il programma di acquisti di titoli di stato in risposta alla domanda di una giornalista tedesca, (“non vedo effetti negativi provocati dal QE”) Draghi ha ribadito la necessità di implementare riforme fiscali in grado di limare le differenze tra i paesi europei. Infine, interpellato sul progetto dell’Estonia di lanciare un “bitcoin di stato” ha risposto che “nessuno stato membro può introdurre una moneta diversa dall’euro”.
Dalla nota diffusa dalla BCE non emergono novità sul costo del denaro: il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali resta a zero, il tasso sulle operazioni marginali resta allo 0,25 per cento e il tasso sui depositi presso la banca centrale resta al meno 0,40%. Inoltre, secondo l’analisi della BCE, i tassi resteranno ai livelli attuali "per un prolungato periodo di tempo e ben oltre l'orizzonte degli acquisti netti di attività".
Se per questa prima decisione non c’erano dubbi di sorta, qualcuno si aspettava delle indicazioni sul Quantitative easing. Ma anche in questo caso la BCE non ha apportato modifiche, confermando il programma di acquisti fino alla fine del 2017 "o anche oltre se necessario" al ritmo di 60 miliardi di euro al mese. E proprio la presenza di questa apertura ad un eventuale prolungamento del QE è forse l’elemento più importante della comunicazione fornita dalla BCE. Complice anche l’euro forte, che rischia di penalizzare l’export delle imprese dell’Eurozona, Mario Draghi ha scelto di tenere la barra dritta per continuare a sostenere l’economia europea in caso di necessità.
LE PAROLE DI DRAGHI
Nel corso della conferenza stampa seguita alla riunione del Consiglio direttivo, Mario Draghi ha evidenziato come il “super-euro” abbia ripercussioni negative sull’inflazione: “La recente volatilità del tasso di cambio – ha commentato Draghi – rappresenta una fonte di incertezza che richiede di essere monitorata per le sue implicazioni sulla stabilità dei prezzi nel medio termine”.
E proprio parlando dell’inflazione (il target della BCE è fissato poco al di sotto del 2%) Draghi ha diramato le ultime stime, riviste al ribasso: +1,5% nel 2017, +1,2% nel 2018, +1,5% nel 2019. Tuttavia, il numero uno della BCE ha annunciato che nel mese di ottobre (la riunione è fissata per il 26) verranno prese “gran parte delle decisioni” riguardo la politica monetaria del 2018. Decisioni che, ha sottolineato più volte, dovranno tenere conto di un insieme di fattori tra cui la produttività e le riforme strutturali, pur ricordando più volte come la ripresa dell'Eurozona sia "solida e ampia".
Solo allora, a meno di improvvisi peggioramenti dell’economia, verrà stilato il piano per il 2018. Sul tema dell’eventuale scarsità di asset da acquistare, Draghi non si è detto preoccupato potendo contare sulla “flessibilità del programma” e anzi ha ribadito la volontà di reinvestire i proventi dei titoli già acquistati “al ritmo del quantitative easing”. Prima di difendere con fermezza il programma di acquisti di titoli di stato in risposta alla domanda di una giornalista tedesca, (“non vedo effetti negativi provocati dal QE”) Draghi ha ribadito la necessità di implementare riforme fiscali in grado di limare le differenze tra i paesi europei. Infine, interpellato sul progetto dell’Estonia di lanciare un “bitcoin di stato” ha risposto che “nessuno stato membro può introdurre una moneta diversa dall’euro”.