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Idee di investimento – Obbligazioni – 28 agosto 2017

28 Agosto 2017 09:37

financialounge -  mercati obbligazionari petrolio PIR tassi di interesse
pe Waechter, Chief Economist di Natixis Asset Management, si aspetta che il prezzo del petrolio oscillerà intorno ai 50 dollari al barile nei prossimi mesi: secondo l’economista, un livello del greggio così basso dovrebbe limitare il rischio che i tassi di inflazione superino l’obiettivo del 2 per cento delle banche centrali. “Ci aspettiamo che le politiche monetarie rimangano accomodanti. Nei prossimi mesi non ci aspettiamo tassi più alti da parte delle banche centrali nell’area dell’euro, in Giappone e nel Regno Unito. La situazione è più complicata negli Stati Uniti, dal momento che la Federal Reserve vorrebbe, allo stesso tempo, sia normalizzare il livello di tassi di interesse e sia ridurre le dimensioni del bilancio. Tuttavia, la priorità della Fed consiste nell’avere il più basso impatto sui mercati finanziari. Intende cioè soltanto guadagnare un margine di manovra nella gestione della sua politica monetaria per poter reagire in caso di uno shock negativo sull’economia” spiega nell’articolo “Petrolio, un prezzo intorno ai 50 dollari limiterà il rischio di iperinflazione” Philippe Waechter.

Intanto, dall’elezione di Trump, il dollaro si è molto indebolito creando ricadute positive sui titoli del debito emergente e implicazioni negative sulle obbligazioni dei paesi sviluppati core. “In linea di massima, il nostro approccio di investimento è quello di avere un’esposizione lunga (rialzista) verso i tassi dei paesi emergenti e una posizione corta (ribassista) verso i paesi core che hanno visto una generale crescita, in particolare nell’Europa centrale” specifica nell’articolo “Obbligazioni, più debito emergente e meno titoli di stato dei paesi sviluppati core” Tim Haywood, responsabile strategie obbligazionarie Absolute Return di GAM che ha maturato tale convincimento anche alla luce degli sviluppi dei grandi temi dettati dal presidente Trump in campagna elettorale che si sono indirizzati non secondo le attese. Per esempio il dollaro americano dall’elezione di Trump risulta essere la valuta con la terza peggiore performance, meno peggio soltanto dello Yen, in calo del 6%, e della Lira Turca, svalutata del 3%. Ma anche i Treasury USA hanno registrato un andamento contrario a quello dei bund tedeschi: mentre questi ultimi hanno guadagnato 35 punti base di rendimento (+0,35%) i titoli di stato americano hanno accusato un calo dei rendimenti di 17 punti dall’inizio di quest’anno. “È la conferma che a fronte di una crescita americana stabile, non si sono stati raggiunti i livelli di ottimismo che avevano i Repubblicani dopo le elezioni, per via della mancanza di supporto del progresso politico. La Germania, invece, continua a crescere in silenzio e in maniera impressionante e molti dei suoi titoli governativi con rendimento negativo stanno tornando, o sono già tornati, in territorio positivo” conclude Tim Haywood.

Oltre al debito emergente, un altro segmento obbligazionario interessante è quello relativo alle obbligazioni semigovernative australiane, a quelle dei Cantoni svizzeri, ai bond dei Länder tedeschi e alle emissioni obbligazionarie dalle province canadesi presentano attualmente profili interessanti. Come argomentato nell’articolo “Obbligazioni, la riscoperta dei bond regionali e provinciali” si stratta di un segmento di mercato cresciuto rapidamente negli ultimi anni, al punto di superare il tasso di crescita dei titoli sovrani.  Per esempio, le obbligazioni semigovernative australiane rendono circa 30 punti base (+0,30%) in più rispetto ai titoli di stato australiani con scadenza 7-10 anni. I bond della province canadesi pagano invece 60 punti base in più rispetto ai titoli di stato di Ottawa e le emissioni obbligazionari dei Länder tedeschiriconoscono invece un extra rendimento di 40 punti base al di sopra dei bund tedeschi con scadenza 7-10 anni. Infine, i bond dei Cantoni svizzeri offrono un rendimento dello 0,20% in più del titolo di stato svizzero con scadenza 7-10 anni.

Richard Elmslie, Co-Chief Executive Officer, Co-Chief Investment Officer e Portfolio Manager di RARE Infrastructure (gruppo Legg Mason) nell’articolo “Infrastrutture USA, l’esempio australiano e le sfide di Trump” ricorda invece le opportunità che potrebbero venirsi a creare negli Stati Uniti se il piano di Trump sulle infrastrutture prendesse corpo. “Il presidente Trump intende procedere nel suo programma annunciato in campagna elettorale ma deve fare i conti con una realtà non secondaria: gli asset infrastrutturali sono di proprietà dei singoli stati, non del governo federale. Dovrà iniziare da governatori repubblicani che vogliono migliorare le infrastrutture nel proprio Stato. Inoltre, l’amministrazione deve lavorare a un accordo abbastanza solido per convincere i fondi di private equity e di private debt che, nell’arco temporale della concessione, riceveranno i fondi concordati dalla richiesta di manifestazione d’interesse” specifica Richard Elmslie.  Le banche internazionali vorranno essere coinvolte attraverso il finanziamento del debito. Molti fondi d’investimento in infrastrutture e aziende del settore – sia quotate che non – vorranno partecipare sia come azionisti che come parte integrante nei progetti. E le obbligazioni emesse per finanziare opere pluridecennali americane sarebbero di sicuro interessanti per gli investitori obbligazionari di tutto il mondo.

In Italia, invece, gli ingenti flussi di sottoscrizioni da inizio anno a favore dei Piani Individuali di Risparmio (PIR) hanno alimentato anche il segmento dei minibond, il cui rendimento medio si attesta oltre il 5%. Come specificato nell’articolo “Obbligazioni, il boom dei PIR traina pure i mini bond”, in base ai dati raccolti nel secondo semestre di quest’anno, emergerebbe la tendenza alla riduzione del taglio medio (7,9 milioni di euro) e della scadenza (5,3 anni) mentre il rendimento medio si posizionerebbe a quota 5,27%. Una percentuale, quest’ultima, che si confronta con lo 0,84% offerto attualmente dal BTP 1.9.2022 e che conferma come i minibond rappresentino una interessante fonte di reddito per diversificare il portafoglio obbligazionario e bilanciato dei gestori di prodotti PIR (e non solo).