BCE
Euro, croce e delizia di Draghi
Per il numero uno della BCE il rafforzamento della moneta unica è un problema, ma anche una soluzione: tiene meglio a bada i ‘falchi’.
19 Maggio 2017 09:01
Il presunto (per ora) Russia-gate innervosisce i mercati ma soprattutto spinge il dollaro in ribasso e l’euro in rialzo, fino a sfondare quota 1,11 mentre solo poche settimane fa molte previsioni puntavano alla parità.
Per il presidente della Banca centrale europea è sicuramente un problema. La ripresa europea su cui confida si affida anche a una moneta relativamente debole, che aiuta le esportazioni e quindi l’economia nel suo insieme. E aiuta anche i mercati azionari, perché un euro un po’ debole vuol dire prezzi più abbordabili per gli investitori internazionali.
Ma la debolezza del dollaro ha anche qualche vantaggio per Draghi, in quanto rende molto più prudenti i falchi come il presidente della Bundesbank Weidmann, che non vogliono certo vedersi incolpati per una valuta che si dovesse rafforzare ulteriormente per una fine anticipata del quantitative easing creando problemi all'export europeo, a cominciare dalla Germania.
Infatti le più recenti dichiarazioni di alcuni membri del Board vanno in direzione della prudenza. Ad esempio Benoit Coeurè, esponente del Comitato esecutivo, secondo cui “non si vedono motivi” per modificare oggi la politica dei tassi zero, anche se non potrà durare per sempre. Certo, se si avessero le prove che i tassi negativi hanno un impatto sui prestiti a famiglie e imprese bisognerebbe riflettere.
Ma, ha aggiunto, "non credo sia questo il caso oggi". E lo stesso Wiedmann gli è andato sostanzialmente dietro: "Quando le pressioni rialziste sull'inflazione si saranno consolidate sarà appropriato normalizzare la politica monetaria". Insomma, non è ancora un tema in agenda. Se si pensa che solo un paio di settimane fa lo stesso Draghi fu praticamente messo sotto accusa durante un discorso al Parlamento olandese dai falchi scatenati, la musica sembra cambiata. Paradossalmente grazie a un euro forte. Non tutti i mali vengono per nuocere.
Per il presidente della Banca centrale europea è sicuramente un problema. La ripresa europea su cui confida si affida anche a una moneta relativamente debole, che aiuta le esportazioni e quindi l’economia nel suo insieme. E aiuta anche i mercati azionari, perché un euro un po’ debole vuol dire prezzi più abbordabili per gli investitori internazionali.
Ma la debolezza del dollaro ha anche qualche vantaggio per Draghi, in quanto rende molto più prudenti i falchi come il presidente della Bundesbank Weidmann, che non vogliono certo vedersi incolpati per una valuta che si dovesse rafforzare ulteriormente per una fine anticipata del quantitative easing creando problemi all'export europeo, a cominciare dalla Germania.
Infatti le più recenti dichiarazioni di alcuni membri del Board vanno in direzione della prudenza. Ad esempio Benoit Coeurè, esponente del Comitato esecutivo, secondo cui “non si vedono motivi” per modificare oggi la politica dei tassi zero, anche se non potrà durare per sempre. Certo, se si avessero le prove che i tassi negativi hanno un impatto sui prestiti a famiglie e imprese bisognerebbe riflettere.
Ma, ha aggiunto, "non credo sia questo il caso oggi". E lo stesso Wiedmann gli è andato sostanzialmente dietro: "Quando le pressioni rialziste sull'inflazione si saranno consolidate sarà appropriato normalizzare la politica monetaria". Insomma, non è ancora un tema in agenda. Se si pensa che solo un paio di settimane fa lo stesso Draghi fu praticamente messo sotto accusa durante un discorso al Parlamento olandese dai falchi scatenati, la musica sembra cambiata. Paradossalmente grazie a un euro forte. Non tutti i mali vengono per nuocere.