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La frenata della reflazione spinge i bond ad alto rendimento

Sembrano affiorare numerosi ostacoli sulla strada della tanto conclamata reflazione: un contesto che rende le obbligazioni emergenti ad alto rendimento appetibili.

7 Aprile 2017 09:00
financialounge -  bond composizione del portafoglio donald Trump inflazione mercati emergenti reflazione

La mancata abrogazione, per mancanza di una maggioranza al Congresso, del cosiddetto Obamacare ha riportato i mercati alla realtà. E, soprattutto, ha fatto capire agli investitori che dall’8 novembre in poi i mercati stanno scontando un’applicazione quasi da manuale di tutte le promesse fatte da Trump in campagna elettorale. In particolare quelle relative alla reflazione.

Secondo gli osservatori più attenti, però, generare reflazione non è affatto semplice nell’attuale contesto. Occorre infatti la concomitanza di cinque ingredienti: una crescita globale che accelera il ritmo, una leggera tendenza rialzista dei prezzi del petrolio, una forza del dollaro limitata, una Fed accomodante, e gli eventi di rischio rapidamente assorbiti.

Al momento, invece, ci sono diversi ostacoli alla reflazione. L’incremento del ritmo della crescita è ancora limitato, l’inflazione core (al netto cioè di energia e alimentari) è ancora modesta, i tempi di stimolo all’economia da parte di Trump sono ancora incerti, i prezzi del petrolio hanno mostrato una certa debolezza. Insomma, numeri alla mano, sembra proprio che sia difficile parlare di reflazione.

In quest’ottica, in mancanza di elementi shock per il mercato, gli investitori obbligazionari dovrebbero incrementare l’esposizione verso i titoli a più alto rendimento di emittenti con una buona o discreta solidità.

Tra le scelte possibili, il debito emergente evidenzia numerosi fattori a proprio vantaggio. Innanzitutto, dopo alcuni anni di rallentamento le economie emergenti stanno riprendendo quota. In secondo luogo le valute dei paesi in via di sviluppo restano ancora ben al di sotto dei loro picchi del 2013. In terzo luogo il rendimento offerto resta piuttosto allettante in confronto a quello dei paesi sviluppati e, ancora più in particolare, rispetto alle emissioni della zona euro.

Per contro, meglio non esagerare nell’esposizione in portafoglio: in ottica di tre anni, un portafoglio obbligazionario ben diversificato non dovrebbe superare un 30% di esposizione sul debito emergente, con inoltre una ripartizione tra titoli in valuta locale (15%) e titoli in valuta forte (15%).
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