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Azionari paesi emergenti, cosa scegliere tra ETF e fondo comune

10 Novembre 2016 09:01

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ass="p1">L’ETF è più semplice e meno costoso mentre il fondo comune può assicurare un extra rendimento nel medio lungo termine sfruttando le inefficienze dei mercati.
Diversi lettori interessati ad investire nei mercati emergenti, sia a livello globale che su singole Borse (Cina, India, Indonesia, Hong Kong, Tailandia, Corea del Sud e Vietnam), ci chiedono cosa scegliere tra un fondo comune e un ETF.

Vediamo insieme le differenti caratteristiche di queste diverse categorie di prodotti.

Un ETF (Exchange traded fund) è un prodotto che ha come obiettivo quello di replicare un preciso indice di Borsa. Se, per esempio, il suo indice di riferimento fosse l’MSCI emerging markets index, l’ETF tenderebbe a replicare nel modo più preciso possibile, sia al rialzo che al ribasso, l’andamento di tale indice. Per farlo, la società di emissione l’ETF investe direttamente in un paniere di titoli che è la replica esatta del paniere di riferimento: la replica può avvenire anche tramite contratti derivati nel qual caso si aggiunge il rischio controparte (cioè esiste la possibilità che la società che fornisce i derivati fallisca con ripercussioni negative sul patrimonio dell’ETF e dei suoi sottoscrittori).

In ogni caso, i vantaggi principali di un ETF sono la massima trasparenza (il suo andamento riflette nel bene e nel male quello dell’indice di riferimento) e i costi contenuti (un ETF azionario paesi emergenti costa intorno tra lo 0,2% e lo 0,6% per quelli che replicano l’MSCI EM e tra lo 0,6% e lo 0,9% per quelli specializzati su singoli paesi emergenti). Un altro elemento non secondario consiste nel fatto che l’ETF è quotato in Borsa e quindi può essere comperato e venduto ad un prezzo certo.

Nel caso invece di un fondo azionario paesi emergenti, pur avendo di solito un benchmark (indice di riferimento), il gestore può effettuare scelte di portafoglio libere: può cioè sovrappesare o sottopesare un paese, un settore o un titolo rispetto al peso che avrebbe nell’indice di riferimento. Tanto più sarà bravo a fare queste scelte tanto più riuscirà a registrare performance superiori alla media di mercato e viceversa.

In tutti i casi, a prescindere cioè dalla bravura o meno del gestore, il sottoscrittore di un fondo azionario paesi emergenti dovrà sostenere costi annui tra il 2% e il 3%. Inoltre, il fatto che il fondo non sia quotato in Borsa, non consente quasi mai da sapere il prezzo esatto al quale si compera o si vende.

In generale, l’ETF si presta quindi per una scelta di portafoglio tattica (quindi di breve medio periodo, 12 mesi) e per coprire una piccola quota del patrimonio (pochi punti percentuali). Al contrario un fondo azionario paesi emergenti a gestione attiva si fa preferire per il medio lungo termine (almeno tre anni) e per una quota strutturale del portafoglio (almeno 5%). D’altra parte l’analisi di mercato dimostra che nei mercati meno efficienti (come, per l’appunto, quelli emergenti) la gestione attiva è ancora in grado di fornire valore aggiunto.

Per esempio nella categoria azionario India, sulla distanza dei tre anni (la minima consigliata per questa tipologia di investimento) ben 98 fondi su 105 (pari al 93,3% del totale) hanno registrato una performance superiore alla media degli ETF di categoria mentre sulla distanza dei cinque anni 80 fondi su 89 (pari all’89,9%) sono riusciti a fare meglio della media degli ETF azionari India.

In ogni caso, la raccomandazione, è quella di contattare il proprio consulente di fiducia per verificare l’adeguatezza dell’investimento ed, eventualmente, la scelta del prodotto più indicato.