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Mercati emergenti, perché quelli EMEA sembrano ben impostati

10 Maggio 2016 09:35
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Dal primo gennaio di quest’anno al 5 aprile scorso, le Borse dei mercati emergenti hanno registrato, in base all’indice MSCI EM in euro, una performance negativa (-2,24%) ma meno peggiore rispetto alla media dei listini azionari globali (indice MSCI world in euro: -7,05%). All’interno dei mercati emergenti, l’area EMEA (Emerging Markets Europa e Africa) ha messo a segno addirittura un rialzo (+3,17%), grazie soprattutto al contributo della Turchia (+14,4%), della Russia (+5,8%) e del Sud Africa (+3,2%). Certo, allargando l’orizzonte agli ultimi 12 mesi (dal 6 aprile 2015 al 5 aprile 2016) le performance dell’MSCI EMEA in euro sono in pesante rosso (-18,9%), così come quelle dell’ MSCI Turchia (-11,8%), dell’MSCI Russia (-17,5%) e, soprattutto, dell’MSCI Sud Africa (-28,7%). Ma ci chiede se il trend favorevole che ha caratterizzato i paesi EMEA nei primi mesi di quest’anno possa proseguire anche per i prossimi 6-12 mesi.

Secondo alcuni analisti le condizioni per continuare su questo trend ci sono a patto, però, che vengano soddisfatte tre condizioni. In primis le quotazioni del petrolio si dovrebbero muovere in linea con i contratti future e cioè rimanendo intorno agli attuali livelli 44-46 dollari al barile e muoversi molto lentamente verso i 50 dollari solo verso la fine dell’anno. In secondo luogo, le principali banche centrali (in particolare la BCE e la Bank of Japan) dovrebbero mantenere un atteggiamento espansivo mentre la Federal Reserve americana dovrebbe essere molto graduale nel rialzo dei tassi di interesse USA. Infine, lo stimolo dei politici cinesi dovrebbe contribuire a contenere le preoccupazioni circa il rallentamento dell'economia di Pechino e, a cascata, di quella globale. In questo scenario sarebbero favoriti soprattutto i paesi importatori di petrolio e, ancora più in particolare, quelli con disavanzi delle partite correnti. Inoltre, le minori preoccupazioni sulla Cina dovrebbero fornire sostegno agli esportatori di materie prime non petrolifere. Infine, se il dollaro mantenesse il recente basso profilo, i mercati finanziari emergenti potrebbero beneficiare di ulteriori afflussi di investimento internazionale.

Per Maria Paola Toschi, Market Strategist di J.P. Morgan Asset Management, restano però alcune importanti sfide per i paesi emergenti. In Cina i dati continuano a mostrare i segnali della transizione dalla prevalenza dell’attività manifatturiera a una crescita dei servizi e dei consumi. Il tasso di crescita dell’economia sta rallentando gradualmente, ma l’economia non sta collassando. La produzione industriale continua a scendere lentamente, mentre i consumi accelerano. “La realtà è quindi che il grande paese asiatico continua il suo sviluppo con un ritmo non eccezionale ma comunque costante, e si allontana sempre più il rischio di «hard landing» ovvero di atterraggio brusco della crescita” sottolinea Maria Paola Toschi.

Molti altri paesi emergenti hanno beneficiato della ripresa del prezzo del petrolio che si è riportato al di sopra del 40 dollari al barile e della debolezza del dollaro. “Restano sfide per il mondo emergente, ma le preoccupazioni si sono un pò attenuate. Inoltre molti paesi emergenti si sono rafforzati negli ultimi anni sia in termini di aumento delle riserve valutarie che di calo del debito estero. Ciò dovrebbe consentire loro di fronteggiare le sfide da una posizione di maggiore forza economica e finanziaria” spiega la strategist secondo la quale si continua a vedere un contesto di crescita globale moderata e il rischio di recessione nel 2016 potrebbe essere inferiore al 30%.
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