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Cina, meglio un deprezzamento unico e forte del renminbi

3 Febbraio 2016 09:48
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Craig Botham, Emerging Markets Economist di Schroders, non è preoccupato della debolezza del mercato azionario in Cina (anche perché gli ultimi dati macroeconomici non lasciano presagire un’imminente caduta) quanto piuttosto per la debolezza del renminbi, per via della deflazione che si creerebbe per il resto del mondo. L’economista si aspetta infatti che la debolezza macro tornerà al centro della scena verso fine 2016, quando gli effetti degli stimoli svaniranno, ma, tuttavia, non ritiene che tutto questo segnali un imminente atterraggio brusco dell’economia di Pechino.

Secondo Craig Botham la domanda da porsi è se le autorità cinesi continueranno con le attuali politiche di deprezzamento graduale o se punteranno a una singola svalutazione, più aggressiva (ipotesi da lui preferita). L’economista sottolinea come, di norma, i forti deprezzamenti siano tipicamente associati con grandi rischi per i Mercati Emergenti, soprattutto rispetto a due ambiti:

  1. Disallineamenti nel mercato dei cambi: il debito denominato in valuta estera del Governo, delle aziende e del settore finanziario diventa molto più pesante.

  2. L’inflazione che sale sensibilmente, con un impatto variabile.


Per quanto riguarda il primo punto, il peso del debito in valuta estera della Cina è generalmente abbastanza esiguo mentre, per quanto riguarda l’inflazione, con l’indice dei prezzi al consumo all’1,6% e l’indice dei prezzi di produzione a -5,9%, c’è poco da preoccuparsi (oltretutto, il target dell’inflazione è al 3%).

“Perciò, a nostro avviso, i rischi macroeconomici derivati da una grande svalutazione sembrano limitati, almeno per la Cina” sostiene Craig Botham che, allargando la visuale al mondo intero, intravede invece impatti deflazionistici sia nel caso di una svalutazione unica e sia nell’ipotesi di un graduale deprezzamento: in particolar modo per le economie che non stanno attraversando una fase di deprezzamento (ad esempio gli Stati Uniti). Per l’economista, una singola svalutazione avrebbe un impatto immediato maggiore, ma stabilizzerebbe i mercati rimuovendo le incertezze; dopo una svalutazione abbastanza grande, le aspettative di un ulteriore indebolimento della valuta dovrebbero dissiparsi.

“A nostro avviso, un’unica grande svalutazione (diciamo del 20%) sarebbe preferibile rispetto a un graduale deprezzamento dello stesso importo. Per adesso, i policymaker sembrerebbero orientarsi verso un deprezzamento graduale. Il renminbi probabilmente si assesterà a 6,8 dollari per la fine del 2016, rispetto ai 6,58 dollari attuali” spiega Craig Botham.
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