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Obbligazioni USA, così si affrontano le prossime mosse della Fed

21 Ottobre 2015 10:31
financialounge -  Credit Suisse Federal Reserve Fondi obbligazionari inflazione mercati obbligazionari Sylvie Golay Markovich USA
Nonostante negli ultimi sei mesi abbiano accusato una perdita media del -7,1%, di cui -2,9% dal 10 agosto (vigilia della decisione di Pechino di svalutare il renminbi), i fondi obbligazionari area dollaro possono vantare un +4,8% da inizio anno: una performance che si confronta con il +0,8% dell’indice generale dei fondi obbligazionari. Ma d’ora in avanti, le mosse della Fed, in tema di tassi di interesse USA, potrebbero avere impatti significativi sulle performance future di questa tipologia di fondi. Vediamo di capire come è possibile evitarne le implicazioni osservando le strategie di portafoglio di alcuni gestori obbligazionari. Il punto di partenza è comprendere che la comunicazione da parte della Fed è stata meno chiara di quanto avrebbe dovuto essere lasciando, di conseguenza, i mercati in preda a un forte incertezza che ha determinato non soltanto importanti oscillazioni giornaliere sui listini ma, soprattutto, una mancanza di direzione degli attivi rischiosi (azioni, high yield e titoli dei mercati emergenti). L’incremento dell’avversione al rischio è, di solito, favorevole ai titoli di Stato che dovrebbero quindi beneficiare di questi movimenti, soprattutto nel breve termine.

“Tuttavia, visto il nostro scenario di aumento dei tassi da parte della Fed in dicembre, prevediamo che i rendimenti dei titoli di riferimento finiscano per aumentare alla fine dell’anno, determinando rendimenti totali negativi per molti attivi a reddito fisso” puntualizza Sylvie Golay Markovich, Head Fixed Income Analysis di Credit Suisse, il cui riferimento è a quanto accaduto negli ultimi sei. Infatti tra il 14 aprile 2015 e il 15 ottobre scorso, i tassi di interesse dei titoli di stato USA a due anni sono aumentati dallo 0,50% allo 0,63% annuo mentre quelli dei decennali sono cresciuti dall’1,87% al 2,07%: i prezzi, che si muovono in direzione opposta ai rendimenti sono invece scesi provocando perdite nei fondi obbligazionari area dollaro tra l’1% e il 4% a seconda della durata media dei titoli in portafoglio.

Secondo Sylvie Golay Markovich le aspettative d’inflazione potrebbero registrare un maggiore incremento in quanto hanno raggiunto livelli estremamente bassi, e le principali banche centrali hanno ribadito il loro impegno a cercare di creare le condizioni per un aumento dei prezzi al consumo. Un incremento dell’inflazione, però, avrebbe ripercussioni negative soprattutto sull’andamento delle obbligazioni nominali a lunga scadenza: il tasso fisso odierno rischierebbe di diventare zero o addirittura negativo in termini reali (al netto cioè dell’inflazione).

“Al contrario, riteniamo che gli inflation linked bond (le obbligazioni indicizzate all’inflazione, anche in virtù della netta sottoperformance da luglio, possano essere nelle condizioni di registrare performance superiori ai titoli di Stato a tasso fisso. Un mix tra gli inflation linked bond (che tendono ad avere scadenze lunghe) e i titoli a tasso variabile (poco sensibili al temuto rialzo dei tassi) può rappresentare la strategia da preferire rispetto alle scadenze intermedie area dollaro USA” conclude Sylvie Golay Markovich.
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