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Fed, più fattori positivi che negativi legati al primo rialzo dei tassi

10 Settembre 2015 14:43
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Le Banche Centrali sono diventate più prudenti, messe in allarme dalle turbolenze dei mercati finanziari delle ultime settimane, indotte, a loro volta, dai timori che il rallentamento della Cina possa ripercuotersi in un calo del momentum economico a livello globale. La BCE, per esempio, nel meeting di settembre ha rivisto le stime di crescita della zona Euro lievemente al ribasso e ha confermato l’intenzione di essere disponibile ad agire di più in caso di deterioramento del contesto di ripresa. La Fed, invece, in base alla serie di dichiarazioni dei propri esponenti, non sembra avere fretta nell’annunciare il primo rialzo dei tassi già a settembre. Inoltre ci sono stati molti inviti alla prudenza da parte di istituzioni che temono le ripercussioni di un rialzo dei tassi sul contesto globale.

Gli scenari restano ancora aperti: FinanciaLounge ha chiesto a Maria Paola Toschi, Market Strategist di J.P. Morgan Asset Management, quali siano i fattori che suggerirebbero un rialzo dei tassi già a settembre e quali invece lo sconsiglierebbero e, soprattutto, cosa sarebbe preferibile che faccia la Fed e perché. La strategist, che come vedremo pensa che ci sarebbero più fattori positivi che negativi legati al primo rialzo dei tassi a settembre, ricorda innanzitutto che la Fed è sempre stata una banca centrale con una forte autonomia decisionale.

“Per questo i vari inviti alla prudenza che leggiamo in questi giorni, sono probabilmente un pò fuori luogo, e considerati delle ingerenze nelle decisioni di politica monetaria che deve restare indipendente. La Fed ha sempre basato le proprie decisione molto più sugli effetti delle manovre monetarie sull’economia degli Stati Uniti, anche se recentemente si è capito che la globalità dei mercati porta con se delle insidie che un tempo erano più limitate e quindi vanno considerate nelle decisioni monetarie” sottolinea Maria Paola Toschi secondo la quale la Fed deve pertanto analizzare una molteplicità di fattori sia sul fronte interno che sul contesto di stabilità globale per prendere la sua decisione sui tassi. In particolare:

1) Lo stato dell’economia americana si sta confermando in rafforzamento come evidenziato dalla revisione al rialzo del tasso di crescita del secondo trimestre 2015 al 3,7% sostenuto dalla crescita dei consumi interni del 3,1%. Il tasso di disoccupazione è ancora sceso al 5,1%, ben al di sotto della media storica (vicino al 6%). Restano, tuttavia, aree di incertezza. In particolare i salari crescono meno del previsto, il tasso di partecipazione resta basso e la creazione di nuovi posti di lavoro è stata inferiore alle attese. In ogni caso, le condizioni di credito e il mercato immobiliare stanno mostrando segnali incoraggianti. In sintesi guardando solo all’economia americana, c’è ampia convinzione che un primo rialzo potrebbe già avvenire a settembre, seguito da una sosta a ottobre e da un secondo rialzo a dicembre.

2) Ma la Fed deve anche valutare le ripercussioni di un aumento dei tassi sulla stabilità finanziaria globale, molto più di quanto non abbia fatto in passato. In quest’ottica potrebbe esserci più incertezza. I temi di instabilità sono prevalentemente legati alle ripercussioni sul contesto globale di un rafforzamento del dollaro indotto da un rialzo dei tassi. I paesi emergenti potrebbero soffrire di una nuova fase di debolezza delle valute e di un nuovo calo dei prezzi delle commodity (espressi prevalentemente in dollari). Inoltre molti paesi hanno debiti espressi in dollari cosa che renderebbe più gravoso l’onere del debito. Un rialzo potrebbe quindi ancora indurre una fase di volatilità come visto di recente con ripercussioni sulla crescita delle aree emergenti. Va tuttavia ricordato che i paesi emergenti oggi sono molto più forti e meno vulnerabili che in passato. Hanno più strumenti disponibili da utilizzare tra cui le ampie riserve valutarie accumulate. Hanno minore dipendenza dai debiti in dollari rispetto al passato. Hanno bilance commerciali più favorevoli. Inoltre hanno sistemi valutari flessibili cosa che evita l’insorgere di forti squilibri come successo in passato. Per cui non sembrano esserci le condizioni per crisi come quelle vissute negli anni novanta. Inoltre le valute emergenti sono già scese a livelli minimi rispetto al dollaro e, quindi, incorporano già in buona sostanza uno scenario di rialzo dei tassi. Anche perchè se il primo rialzo non dovesse essere annunciato a settembre comunque non tarderà ancora molto.

3) Va anche considerato che la Fed non ha particolare fretta ad annunciare un rialzo dei tassi perchè l’inflazione è bassa e le aspettative d’inflazione sono in calo per effetto del recente nuovo calo del prezzo del petrolio. Ciò concede ampi margini di manovra alla banca centrale americana.

Insomma, come si può constatare, lo scenario è ancora complesso e lo spettro di opzioni ampio. “Tuttavia pensiamo che ci sarebbero più fattori positivi che negativi legati al primo rialzo dei tassi annunciato a settembre” sostiene Maria Paola Toschi che poi elenca, in cinque punti, la sua posizione:

1) L’aumento dei tassi darebbe un messaggio forte ai mercati che l’economia americana si sta rafforzando ancora e può digerire un primo rialzo dei tassi;
2) Si eliminerebbe un fattore di forte incertezza e instabilità per i mercati che sono troppo legati e concentrati a questo evento;
3) Si tratterebbe comunque di un rialzo molto modesto. I tassi resterebbero ancora molto bassi. Inoltre questa decisione potrebbe essere accompagnata da messaggi molto accomodanti della Fed che ribadirà che il sentiero di rialzo dei tassi sarà comunque molto graduale e che dopo un primo rialzo la Fed attenderà di valutare gli effetti sul contesto economico interno e internazionale e sulla stabilità finanziaria globale;
4) Un rialzo sarebbe quindi favorevole ai mercati azionari che potrebbero ricominciare ad attrarre flussi di investimento anche attratti da attese di rafforzamento del dollaro;
5) I mercati obbligazionari sono già orientati a un primo rialzo e potrebbero beneficiare di un’inflazione ancora bassa e di attese di normalizzazione di politica monetaria graduale che potrebbe limitare le ripercussioni sfavorevoli di un contesto di moderato rialzo dei tassi.
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