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Carlo Benetti

Un ritorno a prezzi un po’ più coerenti con il freno alla crescita globale

3 Settembre 2015 10:16
financialounge -  Carlo Benetti GAM mercati azionari mercati emergenti mercati obbligazionari paesi core USA
“La reazione dei mercati è stata violenta, alcuni commentatori hanno evocato similitudini con la crisi di borsa del 1929, altri hanno parlato di ripetizione dello scenario del 2008. È vero che in agosto la borsa italiana ha perso oltre il 7%, più del 9% le borse europee, -11,8% la borsa cinese (che però resta positiva di oltre il 40% nei 12 mesi) ma, come già accaduto in passato, anche questa volta le reazioni dei mercati e dei commentatori hanno trovato punte di eccesso, favorite anche dalla scarsa liquidità agostana” rimarca Carlo Benetti, Head of Market Research & Business Innovation di GAM Italia Sgr, nel commento analitico L’Alpha e il Beta del 31 agosto che poi puntualizza: “A nostro giudizio lo scenario è molto diverso rispetto al 2008 quando fu la crisi del credito nelle economie avanzate a mettere in crisi il sistema dei pagamenti e in ginocchio l’intero sistema finanziario”.

Per Carlo Benetti, resta in ogni caso quasi obbligata la preferenza alle azioni e, selettivamente, alle obbligazioni societarie e delle economie emergenti. Con una raccomandazione: disporre di un orizzonte temporale tale da poter osservare con imperturbabile sicurezza le prossime violente correzioni. Una view che, secondo Carlo Benetti, trova fondamento in una turbolenza diversa rispetto al 2008: un violento ”old-fashioned repricing”, come lo ha definito Mohamed El-Erian, un ritorno a prezzi un po’ più coerenti con il freno alla crescita globale costituito dalle economie cinese ed emergenti e con un governo globale dell’economia meno efficace di quanto presunto. Soprattutto quest’ultimo aspetto è particolarmente sensibile e spiega la difficoltà del sistema economico globale nel post crisi 2008.

Le carte restano in mano alla politica monetaria ma senza escludere un repricing degli asset finanzari verso una maggior coerenza accompagnata dalle consuete manifestazioni di eccesso, ad esempio sulla crescita cinese, per alcuni passata in un attimo dal 7% al 3% (ma le dinamiche e la governance dell’economia cinese sono comunque di difficile lettura per chiunque, anche quando le cose vanno bene). Al rallentamento della Cina e delle economie emergenti si contrappone il buon stato di salute delle economie avanzate e gli Stati Uniti tornano al ruolo di locomotiva del mondo. Dopo mesi di debolezza hanno recuperato gli investimenti industriali negli Stati Uniti, cresciuti del 2% in luglio dopo il brillante +4,1% di giugno. La crescita del PIL americano nel secondo trimestre è stata rivista a +3,7% rispetto al precedente +2,3%. L’indice della fiducia in Germania mostra una accelerazione (Business Climate Indicator a 108,3 da 108) che esprime la possibile evoluzione del PIL da +1,6% a +2%. Il buon tono delle economie avanzate si riflette sui volumi degli scambi commerciali globali, cresciuti in giugno del 2% rispetto al mese precedente, un dato coerente con altri segnali che la crescita globale ha ripreso tono nel secondo trimestre dell’anno.

“A parte la Cina, non sembrano esserci i presupposti per immaginare un rallentamento globale dell’economia e la borsa cinese non costituisce in sé un reale pericolo di contagio: meno del 15% del risparmio privato è investito nei listini di Shangai e come non si è verificato alcun “wealth effect” prima, non possono avere luogo effetti contrari adesso (vedi L’Alpha e il Beta 13.07.2015)” fa presente Carlo Benetti secondo il quale l’economia cinese resta in un percorso di rallentamento ma non emergono segnali di hard landing. L’obiettivo del piano quinquennale resta quello di aumentare gradualmente il reddito dei cittadini cinesi per favorirne la propensione al consumo e trasformare in profondità la struttura dell’economia. Le riserve valutarie cinesi ammontano a circa 3.600 mila miliardi di dollari e benché si stimi che circa 900 miliardi non siano di immediata liquidità, restano comunque risorse sufficienti per misure correttive.

E a questo proposito vale la pena ricordare che:

  1. la svalutazione del renminbi si inserisce in un disegno di lungo termine che porti il renminbi al ruolo di valuta internazionale;

  2. le misure straordinarie della banca centrale cinese non sono molto diverse, nella sostanza, dagli acquisti straordinari dei programmi di Quantitative Easing americani ed europei.


In questa fase l’economia cinese deprime i prezzi delle materie prime con inevitabili effetti sui paesi emergenti esportatori ma, come l’Alpha e il Beta ha più volte ricordato, le economie emergenti non costituiscono più una classe di investimento omogenea e un basso prezzo del petrolio fornisce un effetto netto positivo all’economia globale. I recenti movimenti del prezzo del petrolio sono inferiori a quelli della seconda metà del 2014 e non giustificano timori di nuovi rischi deflattivi.
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