Banche non quotate, l’illusione del prezzo del titolo che sale sempre

La dinamica è piuttosto semplice e, al tempo stesso, accattivante. Consiste nel proporre di diventare soci azionisti della banca locale garantendo, oltre ai privilegi esclusivi dell’essere soci, un valore delle azioni che cresce di anno in anno. E questo anche negli anni delle grandi crisi economiche, ovvero dal 2008 in poi durante i quali i titoli delle banche quotate sono arrivati a perdere fino ad oltre due terzi del loro valore.

È quello che è stato proposto anche ai piccoli azionisti di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza, salvo però poi scoprire che, nel caso si fosse voluto disinvestire, la banca non avrebbe potuto ricomprare le azioni. Anche per questo i proprietari dei due gruppi bancari hanno annunciato che si quoteranno in Borsa, per permettere uno scambio regolare delle azioni e stabilire un valore di mercato ai titoli della banca. Ma qui sta il punto.

A seguito anche delle pressioni della Vigilianza Bancaria, alcuni mesi fa, le due banche hanno deciso di tagliare del 23% il valore delle azioni. Non solo. Adesso, con il listing in Borsa, i due istituti di credito devono soddisfare le raccomandazioni della Bce che impone di valorizzare le azioni collocate sul mercato ad un livello in linea con la media del settore: tenuto conto che i titoli dopo il taglio del 23% del valore valgono ancora 1,2 volte il patrimonio netto contabile contro lo 0,8 della media delle banche della zona euro quotate, ci potrebbe essere un ulteriore taglio di valore per i due titoli tra il 30% e il 40%.

Per i circa 200 mila soci delle due banche si tratta di un bel salasso o, meglio, la fine dell’illusione del prezzo del titolo che sale sempre. Per gli altri investitori e i fondi d’investimento che non sono soci delle due banche, si apre invece l’occasione di valutare se vi siano le condizioni per acquistare i due titoli in fase di collocamento.