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Industria dei servizi finanziari, la priorità è gestire la complessità
28 Gennaio 2015 16:00

tione della complessità rappresenta una delle sfide più importanti per gli operatori dell’industria dei servizi finanziari. È ciò che emerge da uno studio della società di consulenza globale Oliver Wyman che ha messo sotto la lente d’ingrandimento i rendimenti medi delle grandi società finanziarie scoprendo che sono scesi da un livello superiore al 20% dei primi anni duemila al 7% del 2013, una percentuale simile a quella delle aziende di servizi. In parallelo, i rendimenti delle otto banche americane e delle 16 europee identificate come GSIBs (global systemically important banks) sono diminuiti del 70% dal 2006. Anche se a livello assoluto i profitti sono cresciuti durante il ventennio dal 1988, anno di picco dei tassi di interesse, al 2006, la produttività del settore non registra miglioramenti dal 2001.
L’indagine di Oliver Wyman non si limita ad analizzare i rendimenti ma esamina i fattori di maggior complessità per le istituzioni finanziarie: dalla regolamentazione all’interazione multicanale con i clienti, dalla frammentazione dei sistemi informativi alla proliferazione dei prodotti e della diversificazione geografica. L’indagine rileva che, oltre a inflazionare i costi operativi, queste fonti di complessità creano opacità che indebolisce il processo decisionale e riduce l’efficacia dell’azione manageriale.
Quattro i principali punti emersi dallo studio:
1) una percentuale compresa fra il 2,5% e il 3,5% dei costi complessivi delle istituzioni finanziarie globali è originato dalla necessità di gestire le nuove direttive regolamentari, con un impatto che per le realtà di maggiori dimensioni è quantificabile in una cifra compresa fra 0,7 e 1,5 miliardi di dollari all’anno per i prossimi due-tre anni;
2) in media le banche maggiori hanno adesso cinque consiglieri di amministrazione assorbiti dalle questioni di rischio e compliance, contro meno di tre prima della crisi;
3) la complessità dei sistemi informativi è cresciuta soprattutto per l’intensità dell’attività di M&A: nel corso degli ultimi 15 anni il numero di operazioni di M&A nell’industria dei servizi finanziari è stato superiore rispetto a qualsiasi altro settore;
4) l’aumento della complessità ha aumentato il fabbisogno di posizioni manageriali «intermedie»: negli Stati Uniti dal 1993 il numero di banche è sceso del 45%, mentre il numero dei dipendenti nello stesso periodo è aumentato del 15%.
Secondo gli analisti di Oliver Wyman la complessità non è eliminabile per intero anche perchè le banche e le società di assicurazione saranno sempre più caratterizzate da un business complesso, con molti clienti, prodotti, canali di interazione e fortemente regolato. Tuttavia, le società del settore finanziario non sono le uniche a dover gestire la sfida della complessità. Il report svela alcuni case studies di compagnie aeree, società del settore energetico o assicurazioni online che hanno trovato il modo di ridurre i costi che derivano dalla complessità, pur mantenendone i benefici.
Alle società del settore dei servizi finanziari, Oliver Wyman raccomanda infine le seguenti iniziative per ridurre i costi della complessità e conservarne i benefici: 1) misurare la complessità, diffondendo nell’organizzazione la consapevolezza del costo che ne deriva; 2) estendere l’utilizzo di analisi statistiche e processi decisionali analitici per prendere decisioni inerenti a trade-off sempre più complessi, sfruttando appieno la ricchezza di informazioni che sono disponibili nelle basi dati interne e sui social media; 3) automatizzare o standardizzare tutti i processi chiave; 4) rivedere sistematicamente i processi decisionali, spostando il punto di decisione verso chi ha le informazioni migliori.
L’indagine di Oliver Wyman non si limita ad analizzare i rendimenti ma esamina i fattori di maggior complessità per le istituzioni finanziarie: dalla regolamentazione all’interazione multicanale con i clienti, dalla frammentazione dei sistemi informativi alla proliferazione dei prodotti e della diversificazione geografica. L’indagine rileva che, oltre a inflazionare i costi operativi, queste fonti di complessità creano opacità che indebolisce il processo decisionale e riduce l’efficacia dell’azione manageriale.
Quattro i principali punti emersi dallo studio:
1) una percentuale compresa fra il 2,5% e il 3,5% dei costi complessivi delle istituzioni finanziarie globali è originato dalla necessità di gestire le nuove direttive regolamentari, con un impatto che per le realtà di maggiori dimensioni è quantificabile in una cifra compresa fra 0,7 e 1,5 miliardi di dollari all’anno per i prossimi due-tre anni;
2) in media le banche maggiori hanno adesso cinque consiglieri di amministrazione assorbiti dalle questioni di rischio e compliance, contro meno di tre prima della crisi;
3) la complessità dei sistemi informativi è cresciuta soprattutto per l’intensità dell’attività di M&A: nel corso degli ultimi 15 anni il numero di operazioni di M&A nell’industria dei servizi finanziari è stato superiore rispetto a qualsiasi altro settore;
4) l’aumento della complessità ha aumentato il fabbisogno di posizioni manageriali «intermedie»: negli Stati Uniti dal 1993 il numero di banche è sceso del 45%, mentre il numero dei dipendenti nello stesso periodo è aumentato del 15%.
Secondo gli analisti di Oliver Wyman la complessità non è eliminabile per intero anche perchè le banche e le società di assicurazione saranno sempre più caratterizzate da un business complesso, con molti clienti, prodotti, canali di interazione e fortemente regolato. Tuttavia, le società del settore finanziario non sono le uniche a dover gestire la sfida della complessità. Il report svela alcuni case studies di compagnie aeree, società del settore energetico o assicurazioni online che hanno trovato il modo di ridurre i costi che derivano dalla complessità, pur mantenendone i benefici.
Alle società del settore dei servizi finanziari, Oliver Wyman raccomanda infine le seguenti iniziative per ridurre i costi della complessità e conservarne i benefici: 1) misurare la complessità, diffondendo nell’organizzazione la consapevolezza del costo che ne deriva; 2) estendere l’utilizzo di analisi statistiche e processi decisionali analitici per prendere decisioni inerenti a trade-off sempre più complessi, sfruttando appieno la ricchezza di informazioni che sono disponibili nelle basi dati interne e sui social media; 3) automatizzare o standardizzare tutti i processi chiave; 4) rivedere sistematicamente i processi decisionali, spostando il punto di decisione verso chi ha le informazioni migliori.
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