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International Editor's Picks - 26 gennaio 2015

26 Gennaio 2015 10:17
financialounge -  cina deflazione NFL tabacco venezuela Wall Street
“Le casse sono quasi vuote ma Dio ci aiuterà”. Con queste parole, riferisce il FT, il presidente venezuelano Maduro si è rivolto alla nazione al rientro da un tour globale in cerca di quattrini chiuso senza successo la settimana scorsa. Il dilemma di Maduro è: come far tornare qualche bene di consumo sugli scaffali dei supermarket di Caracas e nello stesso tempo ottenere i finanziamenti in valuta che servono a far funzionare l’industria petrolifera che mantiene il paese? Sembrano due obiettivi inconciliabili. Più Maduro continua a vuotare le casse dello stato per finanziare i consumi, meno gli investitori esteri sono disposti a dare ulteriore credito al Venezuela.
Oggi il greggio venezuelano si vende a $38 per barile contro i $99 di giugno. Un disastro ma è nulla se paragonato a quello che succede sul mercato nero, dove il bolivar, la moneta locale, vale solo un ventottesimo del cambio ufficiale contro dollaro e con un solo biglietto verde si comprano 300 galloni di petrolio, vale a dire oltre 5 barili, sempre secondo quanto scrive il Financial Times. Insomma una strada senza uscita che porta diritto al default conclamato.

Deflazione è la parola della settimana in USA. Ma non solo a Wall Street e dintorni, ma soprattutto a Main Street. Dove per deflazione non si intende prezzi al consumo che calano e mettono in pericolo la ripresa economica, ma piuttosto il presunto trucco di sgonfiare un po’ il pallone che avrebbero utilizzato i Patriots del New England per vincere la partita che gli ha aperto la strada alla finalissima del superbowl contro i Seahawks di Seattle. E Yahoo Finance fa la sintesi di tutto con un titolo divertente: il dibattito sulla deflazione tiene banco a Wall Street e nella NFL, la National Football League che è stata investita in pieno dallo scandalo dei palloni sgonfiati ad arte per essere afferrati meglio e viaggiare più veloci in una serata piovosa di gennaio.
La lezione di Yahoo Finance: sia le azioni quotate a Wall Street che il Football con i suoi ingaggi stramilionari sono ai massimi di tutti i tempi. Non c’è di meglio da guardare in tv e non c’è posto migliore dove mettere i quattrini. Sono sei anni che funziona così e tutto lascia intendere che continuerà.

In Cina è caduta anche l’ultima foglia, quella di tabacco. L’Economist riporta che l’ultimo prezzo agricolo ancora amministrato nel grande paese è diventato libero e verrà fissato solo dall’incontro di domanda e offerta sul mercato. È l’ultima tappa di una lunghissima marcia iniziata nel 1978, quando Deng Xiaoping iniziò ad alzare i prezzi pagati ai contadini per i raccolti.
Una misura che portò a un forte aumento della produzione agricola, come è facile immaginare, cosa che ora dovrebbe accadere anche per la produzione di tabacco made in China. Il governo di Pechino continua tuttavia a mantenere una forte presa sul settore del tabacco, le cui industrie restano saldamente in mano allo stato. La liberalizzazione dei prezzi serve soprattutto a scoraggiare i coltivatori dal passare a colture più redditizie. L’industria cinese delle sigarette infatti garantisce al governo cinese ben il 7% delle entrate totali.
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