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Le divergenze dei Paesi emergenti offrono opportunità

18 Novembre 2014 09:10
financialounge -  mercati emergenti Michael Gomez PIMCO
Secondo Michael Gomez, responsabile della gestione mercati emergenti di PIMCO, la crescente dispersione delle dinamiche di crescita e delle politiche economiche sia nelle economie sviluppate che in quelle dei paesi in via di sviluppo crea opportunità. In questa intervista spiega perché sta sovrappesando l’America Latina a discapito dell’Est Europa, per quali motivi punta su Brasile e Polonia e come controlla il rischio di portafoglio.

Quali sono le prospettive di PIMCO per i mercati emergenti per il 2015?
“Quando si fanno previsioni sulla crescita e l’inflazione nei mercati emergenti, è sempre importante considerare quel che succede nei mercati sviluppati dati i legami in termini di scambi commerciali, flussi di capitali e mercati. Nel nostro ultimo Cyclical Forum, siamo giunti alla conclusione che la crescita nei mercati sviluppati probabilmente divergerà il prossimo anno. Ci aspettiamo un’espansione sostenuta negli Stati Uniti, con i rischi orientati al rialzo, mentre per l’Eurozona abbiamo rivisto al ribasso le nostre aspettative di crescita. Per il Giappone prevediamo un moderato miglioramento dopo la recente debolezza, ma la crescita rimane un po’ meno certa sia per questo paese che per la Cina, alla luce della forte dipendenza dalle future misure di politica economica. Il livello di sostegno delle politiche monetarie dei mercati sviluppati dovrebbe anch’esso divergere. La Federal Reserve inizierà probabilmente a normalizzare i tassi ufficiali nell’orizzonte ciclico, mentre la Banca centrale europea e la Banca del Giappone dovranno adottare misure di allentamento aggiuntive. Questi stessi andamenti, ossia una crescente dispersione delle dinamiche di crescita e delle politiche economiche, si confermeranno anche nei mercati emergenti nei prossimi 12 mesi. Per il Brasile, la Russia, l’India e il Messico, prevediamo un modesto rallentamento della crescita a un livello compreso tra l’1,5 e il 2,5% e le ragioni di tale tendenza sono di fondamentale importanza per le decisioni d’investimento. Per il Brasile, ci aspettiamo che la recente debolezza dell’espansione (inferiore al 2%) continui alla luce degli squilibri delle politiche economiche e del basso tasso d’investimento. In Russia, prevediamo che le sanzioni occidentali e i divieti alle importazioni adottati per rappresaglia spingano il paese in recessione. L’India e il Messico, invece, presentano entrambi dinamiche di crescita sostenute più elevate e ci aspettiamo che beneficino di contesti politici più favorevoli, nonché delle recenti o imminenti riforme strutturali”.

In quali paesi emergenti ravvisate valore?
“Ci stiamo focalizzando sui tassi locali nei paesi in cui i rendimenti reali sono allettanti, la crescita è più debole e le banche centrali sono inclini a mantenere o persino ridurre i tassi ufficiali. La nostra sovraponderazione del Brasile e della Polonia rientra in questa logica. Nei paesi con profili di crescita più solidi o con un’enfasi sulle riforme per sostenere il settore privato, privilegiamo il debito in valuta estera, incluse le obbligazioni societarie, nonché specifiche valute, in quanto entrambi potrebbero beneficiare degli aumenti dei flussi di capitali con l’attuazione delle riforme. Più in generale, abbiamo sovrappesato l’America latina, dove le politiche economiche sono favorevoli, mentre siamo sottopesati sull’Europa orientale, dove la crescita è stata frenata. In Asia, le nostre sottoponderazioni incorporano un giudizio relative value, in quanto numerosi asset asiatici sono cari rispetto a quelli di altre regioni emergenti. Infine, abbiamo adeguato le nostre posizioni in modo più dinamico in risposta a sviluppi e turbative legati a singoli paesi. La propensione agli eccessi è elevata nel contesto attuale e monitoriamo costantemente i mercati alla ricerca di opportunità di creare valore aggiunto tramite posizioni tattiche”.

Passiamo infine ai rischi: vi sono aree dei mercati emergenti che evitate?
“Valutiamo e rivalutiamo continuamente i rischi fondamentali, di notizie negative, di declassamento e di vere e proprie insolvenze. Nei mercati emergenti, i rischi hanno storicamente riguardato gli squilibri con l’estero e la politica, ragion per cui continuiamo a focalizzarci in larga misura su tali fattori. Tendiamo a sottopesare i paesi che stentano a contenere ampi disavanzi correnti o che dipendono da fonti instabili di finanziamento esterno e quelli con significativi squilibri valutari nei loro sistemi bancari. La Turchia e l’Ungheria sono tipicamente rientrate in queste categorie. Vi sono tuttavia fasi in cui gli investitori sono adeguatamente remunerati per tali rischi, quindi sottolineerei la necessità di valutare costantemente le opportunità relative value e di essere pronti ad assumere posizioni tattiche ove opportuno. I rischi politici sono più difficili da valutare perché tale valutazione è intrinsecamente qualitativa. È in casi come questo che facciamo notevole affidamento sui nostri analisti e gestori presenti in loco, che conoscono le autorità politiche e i team dirigenti delle imprese. I costanti scambi di opinioni che intratteniamo con loro possono contribuire alla valutazione dell’evoluzione dei rischi nel tempo, in modo da poter giudicare se i clienti sono adeguatamente ricompensati per la potenziale volatilità. Ciò vale in particolare per l’Argentina e il Venezuela, ma anche per l’Ungheria e la Thailandia, dove i leader politici sono stati una fonte di incertezza per i mercati in passato”.
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