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Azad Zangana

Il referendum può archiviare la sindrome scozzese

22 Settembre 2014 11:00
financialounge -  Azad Zangana Fondi obbligazionari Laura Sarlo referendum Scozia
Tra le tante questioni che potevano essere da ostacolo ai mercati finanziari, una sembrerebbe archiviata: quella relativa al referendum sull’indipendenza della Scozia.
<br>Un argomento che, rimasto sotto traccia per mesi, è riaffiorato con forte evidenza durante il mese di settembre quando la data del voto cominciava ad avvicinarsi e le previsioni sull’esito finale diventavano meno certe. In uno scenario che tratteggiava la vittoria del SI, cioè dell’affermazione del fronte separatista della Scozia dal Regno Unito, anche noi di FinanciaLounge abbiamo spiegato l’importanza del referendum e le sue possibili implicazioni sui mercati finanziari.

Nell’articolo “Perché Spagna (e Italia) tifano per il "NO" in Scozia”, per esempio, abbiamo raccontato le ragioni in base alle quali un esito favorevole al fronte del NO fosse da considerare positivo per i titoli di stato spagnoli e italiani.
Nell’articolo “Le implicazioni e dubbi sull’esito del referendum in Scozia”, invece, i potenziali impatti dell’esito del referendum in Scozia sono stati passati al microscopio da Laura Sarlo, Senior sovereign analyst di Loomis, Sayles & Company (gruppo Natixis Global Asset Management) che, tra le altre cose, aveva ipotizzato un aumento della volatilità nel segmento dei titoli di stato inglesi (senza tuttavia particolari impatti gravi sui governativi del Regno Unito) e possibili ricadute negative sulle altre richieste europee di indipendenza nel caso di una vittoria del "SI".

Azad Zangana, European Economist di Schroders, dal canto suo, aveva invece elencato dettagliatamente tutte le implicazioni del referendum nell’articolo “Il giorno della verità per l’indipendenza della Scozia”. Tra gli aspetti che l’economista metteva in evidenza figuravano un’enorme incertezza per le aziende con sede in Scozia, le entrate fiscali della Scozia fortemente volatili per via della significativa dipendenza dalle esportazioni del gas e del petrolio, i contraccolpi politici nel Regno Unito nel caso di una vittoria del SI, le ricadute negative nella bilancia dei pagamenti del Regno Unito per la perdita del petrolio e del gas del Mare del Nord nel caso la Scozia si fosse separata, e, infine, un lungo ed estenuante confronto tra le parti anche nel caso di una vittoria risicata del fronte del NO.

L’esito del referendum in Scozia, con la netta affermazione del fronte del NO (55,3% la percentuale finale), ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai mercati finanziari ma ha anche permesso di evitare un potenziale grande caos che avrebbe potuto scatenarsi nel caso della vittoria del SÌ. Uno scenario che lo stesso Azad Zangana ha tratteggiato in modo piuttosto dettaglio nell’articolo “Cosa ci attende dopo il NO al referendum in Scozia”.

A tutti questi commenti se ne sono aggiunti altri tra i quali quello espresso dagli esperti Joost van Leenders e Colin Graham di BNP Paribas Investment Partners: “A nostro avviso la questione dell'indipendenza scozzese è ormai risolta. Naturalmente ci saranno dibattiti su una maggiore autonomia per la Scozia all'interno del sindacato, ma non dovrebbe essere un problema per i mercati finanziari. Forse l'impatto più diretto è sulle aspettative di rialzi dei tassi nel Regno Unito. Nel caso di una maggioranza per l'indipendenza, la Banca d'Inghilterra avrebbe probabilmente differito il restringimento dei tassi di interesse ufficiali. Con l'indipendenza non più all'ordine del giorno, un incremento dei saggi di interesse alla fine di quest'anno o all'inizio del prossimo anno sembra probabile. Da qui l'aumento dei rendimenti dei titoli di stato del Regno Unito”.
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