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Banche, grandi manovre per ridurre gli attivi a rischio

29 Luglio 2014 15:25
financialounge -  asset quality review italia non performing loan private equity settore bancario
C’è un filo rosso che unisce le dismissioni non strategiche operate dalle principali banche italiane, la cessione dei crediti deteriorati degli istituti di credito, e il collocamento sul mercato del private equity bancario: l’alleggerimento degli attivi di bilancio a rischio per liberare capitale da destinare al business principale della banca.

Ripercorriamo insieme questo immaginario filo rosso. La prima mossa in questa direzione, partita nell’autunno dello scorso anno, è stata quella di avviare le dismissioni di partecipazioni in portafoglio di minore importanza o ritenute non più strategiche per i gruppi bancari come per esempio le quote in Generali, Pirelli&C., Sia e Union Life da parte di Intesa Sanpaolo e i pacchetti azionari di Gemina, Saks, Intesa Sanpaolo e Rcs da parte di Mediobanca.

Il secondo step, che ha visto un’accelerazione dall’inizio di quest’anno, è invece costituito dalla cessione dei crediti in sofferenza, cioè i crediti i cui incassi sono difficilmente realizzabili, che ha visto molto attivi i gruppi Intesa Sanpaolo, Banco Popolare e Unicredit (attraverso la vendita di UCCMB, il veicolo del gruppo specializzato nella gestione dei NPL, Non Performing Loan).

Dalla scorsa settimana, siamo entrati nel terzo livello, quello relativo alla cessione del private equity non strategico: due colossi USA, Neuberger Berman e Collar Capital, sarebbero interessati a rilevare il private equity di Intesa Sanpaolo che ammonta in 1,4 miliardi di euro di partecipazioni in medie imprese italiane.
L’obiettivo finale di queste tre direttrici è quello di alleggerire le posizioni e partecipazioni non strategiche per concentrarsi sull’attività tipica della banca commerciale: accumulare depositi dai clienti per finanziarie famiglie e imprese.

Quindi abbandonare il modello di banca di sistema che intendeva occuparsi anche di business adiacenti (come appunto il trading finanziario tramite partecipazioni secondarie in altre società, l’attività nel private equity, l’ottimizzazione della riscossione crediti) per sviluppare al massimo l’attività primaria che da sempre caratterizza una banca.

Ecco perché le banche italiane stanno percorrendo le tre direttrici che abbiamo delineato: per avere più capitale da poter utilizzare per finanziamenti a famiglie e imprese ma anche in vista dell’Asset Quality Review (AQR) che la BCE sta compiendo in questi mesi per verificare l’adeguatezza delle coperture patrimoniali delle banche europee.
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