Made In Italy
Messico senza nuvole per il made in Italy
3 Aprile 2014 09:10

chiede ad un imprenditore italiano perché investire in Messico la sua risposta toccherà i seguenti punti: enorme disponibilità di materie prime, energia a basso costo, buon livello della manifattura locale, inflazione stabile, bilancia commerciale in equilibrio, moneta piuttosto stabile, debito pubblico contenuto e sotto controllo, limitato impatto fiscale sul costo del lavoro.
Non deve stupire, quindi, che nel paese centroamericano si siano insediate da anni numerose società italiane: da Fiat – Chrysler a Tenaris, da Comau a Pirelli, da Enel a Barilla, da Zoppas a Luxottica, da Safilo a Ermenegildo Zegna, da Max Mara a Salvatore Ferragamo, da Ferrari a Olivetti, da Ferrero a Calzedonia, solo per cintarne alcune delle più famose.
Imprenditori che però non mancano anche di indicare anche alcuni punti deboli del paese: le banche, la burocrazia e la corruzione. L’opprimente burocrazia, spesso legata a doppio filo con la corruzione, ha un peso notevole soprattutto sulle piccole e medie imprese mentre il sistema bancario è lento, burocratico e non allineato alle dinamiche espansive del paese.
Proprio per questo una delle maggiori carenze di cui si lamentano gli imprenditori italiani in Messico è l’assoluta mancanza di intermediari finanziari italiani. Al contrario dei loro colleghi olandesi, francesi, spagnoli e inglesi, gli imprenditori italiani non possono contare su filiali di banche e istituti finanziari tricolore che permetterebbero di superare gli ostacoli del sistema bancario messicano.
In ogni caso, nonostante questi handicap, il made in Italy continua a crescere in Messico. Basti pensare che di 6,5 miliardi di dollari di interscambio annuali, circa 5 miliardi sono imputabili all’export italiano, i due terzi di quali riguardano tecnologia, know how industriale e beni intermedi utilizzati nei processi industriali.
Non deve stupire, quindi, che nel paese centroamericano si siano insediate da anni numerose società italiane: da Fiat – Chrysler a Tenaris, da Comau a Pirelli, da Enel a Barilla, da Zoppas a Luxottica, da Safilo a Ermenegildo Zegna, da Max Mara a Salvatore Ferragamo, da Ferrari a Olivetti, da Ferrero a Calzedonia, solo per cintarne alcune delle più famose.
Imprenditori che però non mancano anche di indicare anche alcuni punti deboli del paese: le banche, la burocrazia e la corruzione. L’opprimente burocrazia, spesso legata a doppio filo con la corruzione, ha un peso notevole soprattutto sulle piccole e medie imprese mentre il sistema bancario è lento, burocratico e non allineato alle dinamiche espansive del paese.
Proprio per questo una delle maggiori carenze di cui si lamentano gli imprenditori italiani in Messico è l’assoluta mancanza di intermediari finanziari italiani. Al contrario dei loro colleghi olandesi, francesi, spagnoli e inglesi, gli imprenditori italiani non possono contare su filiali di banche e istituti finanziari tricolore che permetterebbero di superare gli ostacoli del sistema bancario messicano.
In ogni caso, nonostante questi handicap, il made in Italy continua a crescere in Messico. Basti pensare che di 6,5 miliardi di dollari di interscambio annuali, circa 5 miliardi sono imputabili all’export italiano, i due terzi di quali riguardano tecnologia, know how industriale e beni intermedi utilizzati nei processi industriali.
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