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Tra inflazione e deflazione

4 Settembre 2012 00:00
financialounge -  asset class Europa giappone inflazione politica monetaria settore immobiliare USA
Lo scoppio della bolla immobiliare giapponese negli anni ’80 è stata la causa principale della bassa inflazione e, in certi momenti, addirittura deflazione (cioè prezzi al consumo in contrazione, crescita economica inferiore alla media e tassi di interesse costantemente bassi) degli ultimi 20 anni.

Tutto ha avuto origine dal fatto che le imprese e le banche del Sol Levante si erano enormemente indebitate per acquisire ampie proprietà immobiliari il cui prezzo dal 1990 è via via crollato. Ciò ha provocato una riduzione dell’indebitamento con la conseguenza di limitare l’attività di investimento. Periodi come questo sono caratterizzati da una debole domanda complessiva nell’economia e da bassi tassi di inflazione e nemmeno una politica monetaria accomodante come quella che è stata perseguita a lungo dalla Banca del Giappone ha consentito di alimentare i prezzi al consumo. Come mai?

Il settore privato adotta misure di deleveraging (riduzione dell’indebitamento) e quindi è debole la domanda di nuovi prestiti. Ne deriva che l’aumento della massa monetaria da parte della banca centrale che sta adottando una politica monetaria espansiva con tassi di interesse vicini allo zero, non riesce quindi a confluire nell’economia reale e non ha pertanto alcun effetto inflazionistico.

Uno scenario che molti osservatori vedono nella situazione attuale nelle economie occidentali (Usa ed ora eurozona, in particolare). Negli Usa i prezzi degli immobili cominciano a dare i primi segnali di stabilizzazione e quindi la fase di deleveraging dovrebbe esaurirsi nel corso dei prossimi tre anni mentre in Europa siamo solo all’inizio e per smaltire il tutto ci vorranno più anni.

In funzione di queste considerazioni, gli esperti non prevedono nessun incremento dell’inflazione nei prossimi anni. Agli investitori che comunque temono uno scenario da prezzi al consumo al rialzo si consiglia di sovrappesare le asset class reali come materie prime, immobili e azioni. Chi, al contrario, opta per una visione deflazionistica, dovrebbero prediligere titoli di Stato e obbligazioni corporate.

Ma attenzione perché il comportamento delle diverse asset class non è sempre omogeneo. Le azioni, per esempio, in base alle statistiche di lungo periodo, garantiscono buoni rendimenti reali durante le fasi inflazionistiche classiche (prezzi al consumo in rialzo tra il 5% e l’8%) ma registrano performance meno interessanti negli anni caratterizzati da tassi di inflazione estremamente elevati. Gli investitori potrebbero pertanto non avere altra scelta che delegare le decisioni a un gestore professionista.
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