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L’importanza della gestione a rischio controllato

14 Giugno 2012 08:00
financialounge -  asset allocation commodities Fondi bilanciati livello di rischio orizzonte temporale performance portafoglio titoli di stato volatilità
Quando si allestisce un portafoglio si può partire dall’orizzonte temporale, per esempio 3 o 5 anni, durante il quale ragionevolmente non si dovrebbe aver bisogno del capitale investito, per poi passare al profilo di rischio dell’investitore, individuato il quale, è successivamente possibile costruire il giardinetto finanziario finale.
Un aspetto fondamentale è quale rischio potrà assumere nel tempo il portafoglio. A questo proposito, le metodologie classiche di asset allocation hanno mostrato di essere lacunose soprattutto alla luce di quanto di nuovo è emerso negli ultimi tempi sui mercati finanziari.

Proviamo a fare un esempio.
Ipotizziamo che un risparmiatore con profilo di rischio medio e orizzonte temporale di almeno tre anni avesse allestito, a fine maggio 2010, un portafoglio composto per 1/3 da Bot, per 1/3 da Btp e per 1/3 da un fondo azionario area euro. In base alla volatilità annualizzata dei tre anni precedenti, questo portafoglio avrebbe dovuto registrare una volatilità complessiva annua dell’8,5%. In realtà il portafoglio a fine maggio 2012, dopo due anni, segnava una volatilità annaulizzata effettiva del 9,9% (cioè del 16% in più del target stimato alla partenza) con una perdita del 5,4%.

Questo semplice esempio, è la conferma che portafogli e gestioni in fondi a indirizzo bilanciato concepiti con un’asset allocation classica, basata sulla ripartizione delle classi di investimento è di fatto superata e, soprattutto, troppo esposta all’andamento dei mercati finanziari. Lo sono, in particolare, per la parte equity (visti i sempre più numerosi saliscendi degli indici Borse) ma anche per la componente a reddito fisso, dal momento che le turbolenze dei mercati non hanno risparmiato nemmeno i titoli di stato.

In altre parole, in un qualunque portafoglio a vocazione bilanciata, la quota destinata alle azioni finisce con l’indirizzare in modo determinante la performance del portafoglio e, in parallelo, anche la sua pericolosità in termini di oscillazione del valore nel tempo. Ecco perché alcune case d’investimento reputano necessario spostarsi da una metodologia di asset al location classica verso un nuovo approccio tramite il quale il gestore sia in grado di ripartire, in modo dinamico, le diverse componenti di rischio all’interno del portafoglio ampliando le possibilità di scelta non soltanto all’equity e all’obbligazionario ma anche alle materie prime.
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