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Con la cedola i fondi piacciono di più

11 Giugno 2012 08:00
financialounge -  emotività fondi a cedola fondi a distribuzione orizzonte temporale rimborso tassi di interesse
Erano molto diffusi in Italia negli anni ‘90. Poi un lungo declino durante il quale sembrava fossero destinati a scomparire del tutto sul mercato. Quindi, dal 2008, un forte ritorno di interesse, soprattutto da parte degli asset manager stranieri. Stiamo parlando dei fondi a distribuzione dei proventi, ovvero i prodotti del risparmio gestito che staccano una o più cedole all’anno, un po’ come avviene per i titoli di stato e le obbligazioni bancarie e societarie.

Sono tante le ragioni di questo ritorno di fiamma dei fondi a cedola. La prima, prende spunto dalla necessità, da parte delle società di gestione, di offrire ai risparmiatori italiani un prodotto davvero alternativo ai titoli di Stato, quali Btp e Cct, non soltanto in termini di performance ma anche di rimborso periodico del capitale: sottoscrivere un fondo o un comparto di Sicav che paga due cedole semestrali all’anno rende ancora più similare l’investimento al titolo governativo del Tesoro.
La seconda ragione, sentita soprattutto dalle famiglie con più ingenti disponibilità economiche e che si affidano ai servizi di private banking, è la necessità di poter disporre di un flusso di interessi annui: l’incasso, con cadenza trimestrale, semestrale o annuale di una percentuale (variabile di norma tra il 2% e il 5% su base annua del capitale investito) consente di vivere con minore apprensione le tensioni dei mercati finanziari di breve e medio termine, lasciando che l’investimento nel fondo, o nella gestione in fondi, dia i frutti attesi nel lungo termine.

In questo caso, l’incasso della cedola assume anche una importante funzione di stabilizzazione emotiva. Infatti, molto spesso, l’investitore è portato a prendere decisioni controproducenti e dettate solo dal panico o dall’euforia: in pratica compera sui massimi (quando i mercati salgono, spesso, senza nemmeno una ragione) e vende sui minimi (quando invece i listini crollano per ondate di vendite da panico).

Facciamo un esempio. Un risparmiatore sottoscrive un fondo bilanciato con l’obiettivo di guadagnare il 6% all’anno sulla distanza dei 5 anni (cioè il 30% dopo 60 mesi). Dopo il primo anno il valore della quota del fondo è del 10% inferiore a quella di partenza e il sottoscrittore potrebbe essere tentato di liquidare l’investimento: se, al contrario, il fondo prevedesse una cedola annua del 2 o 3%, il sottoscrittore avrebbe la sensazione che il suo investimento è comunque produttivo (grazie all’incasso del 2% o del 3% di rendimento annuo) ed è più invogliato a rispettare i 5 anni prima di riscattare le quote.
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