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ESG

Fattori ESG, un’ascesa inarrestabile che ricorda il successo degli ETF

Gli asset che tengono conto dei fattori ESG crescono a un ritmo del 12% circa ogni anno: un ritmo di crescita paragonabile a quello degli ETF che dal 2005 hanno registrato una crescita globale di 10 volte

12 Settembre 2018 10:54

“E’ probabile che entro fine anno i fattori ESG (ambientali, sociali e di governance) saranno incorporati in più della metà degli AuM degli investimenti internazionali. Se l’attuale ritmo di adozione di integrazione dei criteri fosse confermato nel tempo, entro il 2020 la quota raggiungerà i due terzi, sebbene con inevitabili distinguo in termini di approccio sostenibile adottato” afferma Manuel Noia, Country Manager per l’Italia di Pictet Asset Management.

CRESCITA DEL 12% ALL’ANNO


Una stima la sua che si basa sul ritmo di crescita degli investimenti internazionali pari al 12% circa ogni anno: una velocità e una portata che ricalcano il successo degli investimenti passivi, che dal 2005 hanno visto decuplicare l’AuM degli ETF. Ma se, come ormai tutto sembra indicare, i criteri ESG diverranno la nuova norma, quale impatto potrebbero esercitare sulle strategie di business e sui mercati finanziari?

ATTRARRE CLIENTI ED INVESTITORI


Scopriamolo insieme. Innanzitutto, nel momento in cui la consapevolezza delle problematiche sulla sostenibilità aumenta cresce l’esigenza delle aziende nel dotarsi dei fattori ESG per attrarre clienti e investitori. Un atteggiamento peraltro sollecitato anche dagli interventi imprevisti delle autorità di controllo che, come si è potuto constatare di recente, possono rivelarsi particolarmente onerosi e non soltanto dal punto di vista pecuniario ma anche (e soprattutto) reputazionale.

DOWNGRADE DEL RATING


“Inoltre i timori legati agli ESG influiscono anche sul costo del capitale sia azionario che obbligazionario: l’agenzia Standard & Poor’s ha citato proprio i rischi ambientali come uno dei principali motivi delle revisioni dei rating effettuate su 299 aziende su un periodo di due anni” sottolinea Manuel Noia. D’altra parte alcuni studi dimostrano che impiegare criteri ESG tende a ridurre la volatilità dei profitti ed ad incrementare il ROE (return on equity): fattori che, per le aziende, si traducono in un sostegno alle valutazioni di mercato nel lungo termine, mentre per gli investitori, significano un calo della volatilità delle performance dei titoli in portafoglio.

MAGGIORE COSTO DEL CAPITALE


È pertanto probabile che gli investitori, in parallelo alla rapida comprensione e diffusione dei criteri ESG, scelgano le società verdi a discapito delle controparti meno sostenibili: un atteggiamento che peserà su queste ultime, destinate a sostenere maggiori oneri in termini di costo del capitale. Un fenomeno che, a cascata, alimenterà i disinvestimenti sulla base dei fondamentali, e non solo per motivi di natura etica e ambientale.

PENALIZZATO IL SETTORE DEL CARBONE


“La società di consulenza Mercer stima che la transizione agli investimenti sostenibili potrebbe ridurre i rendimenti del settore del carbone dell’1,7% all’anno, incrementando per contro i guadagni dell’area delle energie rinnovabili fino al 10,1%” puntualizza Manuel Noia. L’esperto fa presente inoltre un’altra possibile conseguenza dell’implementazione sempre più diffusa dei criteri ESG: i provider di indici potrebbero escludere dai principali benchmark alcune aziende come i produttori di armi controverse.

UN CIRCOLO VIRTUOSO


Insomma, se i criteri ESG si diffonderanno in modo efficace, ci sono le condizioni per generare un circolo virtuoso grazie alla maggiore attenzione alla sostenibilità che non solo premi le aziende e gli investitori ma possa anche contribuire a contrastare le tensioni attualmente in atto a livello globale. Ma attenzione. L’esperto indica una precisa condizione. La necessità cioè che vi sia una rendicontazione rigorosa con specifici standard per le aziende private e pubbliche, in modo tale che sia possibile misurare in modo accurato ed omogeneo gli obiettivi di sostenibilità.

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