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High yield USA, il tasso di default punta verso quota 2,6%

Il rialzo del prezzo del petrolio ha allontanato i timori sulle aziende energetiche e ora il tasso medio di default dell’high yield USA potrebbe di nuovo scendere.

7 Maggio 2018 09:34
financialounge -  Amundi High Yield high yield USA obbligazioni tassi di default

Gli ultimi 12 mesi non sono stati facili per i sottoscrittori di fondi high yield USA, ma da inizio anno sembra che il vento sia cambiato. Infatti se i rendimenti medi degli ultimi 12 mesi restano in territorio negativo (intorno a -6 punti percentuali), dal primo gennaio al 3 maggio scorso le performance oscillano tra il +0,5% e il +1%. Merito del cambio meno sfavorevole del dollaro americano rispetto all’euro e di un mercato obbligazionario societario USA più stabile. Per gli investitori che hanno scelto i fondi short duration (cioè con una scadenza media dei titoli in portafoglio più bassa e quindi meno sensibili al rialzo dei tassi di interesse statunitensi) la perfomance da inizio 2018 sfiora i due punti percentuali.

UN FATTORE CHIAVE PER L’HIGH YIELD


Uno degli aspetti chiave per il settore high yield USA resta quello dei tassi di default (ovvero dei fallimenti): puntare su emissioni che rendono anche tra il 5% e il 6% è allettante ma occorre fare i conti con la sostenibilità delle cedole da incassare. E l’affidabilità della società emittente è fondamentale. A questo proposito, come fanno notare gli esperti di Amundi nell’ultimo Weekly market review, il ciclo attuale dei tassi di default delle obbligazioni societarie high yield continua a essere il meno allarmante dal 1990. Nonostante la Grande crisi finanziaria mondiale, l’anno scorso è stato il quattordicesimo anno in cui il tasso di default si è attestato su livelli molto bassi rispetto alle medie storiche.

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ABBONDANTE LIQUIDITA’ E TASSI BASSI


Questo fenomeno, in base alle valutazioni dei professionisti di AMUNDI, si può attribuire in larga misura al carattere insolito di questa fase caratterizzata dall’abbondante liquidità (garantita dalle politiche monetarie ultra accomodanti delle principali banche centrali) e dalla caccia ai rendimenti, ma in parte si può far dipendere pure dal costo contenuto dei finanziamenti offerti alle imprese in questi anni e anche in questo periodo. “Gli attuali livelli dei tassi reali (al netto dell’inflazione) americani sono ancora lontani dai livelli dimostratisi pericolosi in passato, in linea con uno scenario di bassa crescita/bassa inflazione, e malgrado il fatto che la Federal Reserve stia portando avanti la normalizzazione della sua politica monetaria” spiegano gli esperti di Amundi.

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NESSUNA RECESSIONE O CRISI FINANZIARIA


Più in particolare, lo scorso anno il tasso di default delle obbligazioni americane di grado speculativo è ulteriormente diminuito, passando dal 5,9% di gennaio al 3,3% di dicembre. Il ‘mini-ciclo’ di default che si era manifestato nel 2016 e nel 2017 non era causa né di una recessione e nemmeno di una crisi finanziaria, quanto piuttosto quasi esclusivamente dalle imprese del settore energetico che hanno sofferto il repentino calo dei prezzi del petrolio, che aveva messo in discussione la sostenibilità di molte aziende americane attive nello shale oil. Ma la ripresa dei prezzi del greggio ha allontanato questi timori e il tasso di default delle aziende energetiche USA è sceso da un picco del 25% all’attuale 5,6%.

TASSO DI DEFAULT VERSO QUOTA 2,6%


“Per quanto riguarda i prossimi 12 mesi, il nostro modello top down (basato su analisi di tipo macroeconomico) indica un’ulteriore contrazione dei tassi di default dall’attuale 3,3% al 2,6%. Queste previsioni sono state elaborate tenendo conto soprattutto dei fattori macroeconomici e delle condizioni finanziarie” concludono i professionisti di Amundi.
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