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Attese & Mercati – Settimana dall'11 febbraio 2019

Insight su cosa ci aspetta e cosa potrebbe sorprenderci nelle economie e sui mercati. Petrolio e Wall Street da ottobre si muovono in tandem. Le banche americane si fondono per crescere, ma in Europa non si può. Anche il Reno che si asciuga erode il PIL tedesco

11 Febbraio 2019 09:45
financialounge -  banche germania petrolio

ATTENZIONE AL PETROLIO CHE HA SMESSO DI RECUPERARE


Tempi duri per i Tori del petrolio. Sembrava che dopo la spettacolare caduta da inizio ottobre e fine dicembre, che aveva portato il WTI da oltre $75 al barile a poco sopra $40 fosse partita una fase di recupero, ma i prezzi si stanno di nuovo sgonfiando con il greggio texano poco sopra quota $50 e il Brent poco sopra $60. Eppure tutto sembra congiurare per un rialzo: le produzioni di Iran e Venezuela inibite dalle sanzioni e i sauditi che mantengono le promesse di tagli produttivi. Secondo le stime di Bloomberg a fine gennaio il flusso di greggio proveniente dal Golfo era del 36% sotto i livelli di dicembre e addirittura del 60% rispetto a un anno prima. La spiegazione che forniscono trader e broker si chiama rallentamento globale, dall’Europa alla Cina fino forse anche agli Stati Uniti le economie rallentano e si consuma meno petrolio, ma soprattutto se ne accumula molto di meno nelle scorte in previsione di cali futuri dei consumi. Il greggio aveva toccato il picco a inizio ottobre in sintonia con Wall Street. Poi per tutto il terzo trimestre del 2018 i due indicatori avevano infilato una caduta parallela. A gennaio il greggio ha ripreso a salire insieme allo S&P 500. Ora a febbraio c’è uno stop sui due fronti. Forse il greggio è la stella polare che il navigatore sui mercati non deve perdere di vista.


FUSIONI BANCARIE, IN USA SI PUO’ E SI FANNO, IN EUROPA NO


Venerdì 8 febbraio la notizia campeggiava in apertura della prima pagina di WSJ e FT ma sui giornali italiani non ne abbiamo trovato traccia nemmeno nei giorni successivi. La BB&T di Winston-Salem, North Carolina, e la SunTrust di Atlanta, preparano una fusione da 66 mld di dollari, più della capitalizzazione di Barclays e DB messe insieme, per dar vita alla sesta banca al dettaglio americana con asset per 440 miliardi. E’ la più grande fusione bancaria dai tempi post-Lehman motivata dalla volontà di proteggere il mercato al dettaglio del Sud-Est dall’espansione di colossi come J.P. Morgan. Ma ha anche riaperto il dibattito sugli effetti della iper regolazione scattata proprio dopo la crisi con il Dodd-Frank Act del 2010 e sul rischio di dar vita a nuovi colossi too big to fail. Dal 2010 SunTrust, proprio per effetto di una regolazione soffocante che costringe a destinare sempre più risorse alla compliance e meno al business, ha dovuto chiudere un quarto degli sportelli, mentre in tutta la Florida un terzo delle banche minori sono sparite. L’amministrazione Trump sta pian piano smantellando pezzi della Dodd-Frank, recentemente ha portato da 50 mld a 250 mld di asset la soglia oltre la quale scatta la regolazione rafforzata pensata per evitare il too big to fail. Il caso di BB&T e SunTrust mostra che banche iper-regolate vanno a cercare riparo proprio nella dimensione. In Europa non si può fare, non c’è una vera unione bancaria e un sistema comune di protezione dei depositi, e ogni progetto cross border inciamperebbe nella rete di legislazioni ancora nazionali, nonostante la moneta unica.


IL FIUME CHE FA SCENDERE O SALIRE IL PIL TEDESCO


E se il rallentamento dell’economia tedesca che tanto allarma mercati e investitori avesse anche una causa ambientale? Bloomberg riporta che secondo le stime dell’economista di JP Morgan Greg Fuzesi il calo del livello delle acque del fiume Reno avrebbe sottratto uno 0,7 di punto percentuale dalla crescita del PIL tedesco nel 2018. Come? Il Reno è una delle principali vie di trasporto dai bacini industriali di Svizzera e Germania al porto olandese di Rotterdam, il più grande d’Europa. Se il livello del fiume si abbassa troppo, causa il prosciugamento dei ghiacciai alpini, le chiatte che trasportano i prodotti verso Nord devono alleggerirsi, Fuzesi calcola fino a un quarto del peso normalmente trasportato. L’effetto è trasporti rallentati e costi più alti, che si aggiungono ai recenti shock delle industria dell’auto e farmaceutiche. La buona notizia è che le acque del Reno stanno risalendo, e sempre Fuzesi stima che sul primo trimestre del 2019 potrebbe arrivare un benefico ‘effetto Reno’ in grado di aggiungere oltre mezzo punto percentuale alla crescita del PIL.
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