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Attese & Mercati – Settimana dal 4 novembre 2019

A trent’anni dalla fine della Guerra Fredda, la pace continua a pagare il dividendo. Con due terzi delle trimestrali uscite, Wall Street smentisce le attese di frenata degli utili. E forse potrebbe esserci valore ancora da scoprire nel Biotech.

di Redazione 4 Novembre 2019 09:59
financialounge -

A 30 ANNI DALLA CADUTA DEL MURO IL DIVIDENDO DELLA PACE CONTINUA A STACCARE CEDOLE


Continua la serie di storici anniversari di questo 2019. Dopo i 50 anni dell’allunaggio e i 90 anni del crash di Wall Street che aprì la strada alla Grande Depressione, il 9 novembre sono in arrivo i 30 anni della caduta del Muro di Berlino e della fine della guerra fredda vinta dagli americani Reagan e Bush. La Reuters argomenta che starebbe per esaurirsi anche il ‘dividendo della pace’ vale a dire la lunga fase di espansione e globalizzazione che ha portato benessere a economie e mercati, interrotta dai due ‘incidenti’ della bolla di Internet nel 2000 e della Grande Crisi del 2008 aperta dal crack Lehman. Un dividendo della pace cifrato nella quadruplicazione del valore dell’indice globale azionario MSCI e da una crescita media annua dell’economia globale superiore al 3%, ma ora minacciato dal protezionismo e dai populismi incarnati da Trump e Brexit. Forse bisogna ricordare che non siamo a novembre del 2016, ma del 2019, e che chi da tre anni ripete il mantra della fine del ciclo di mercati e economie finora è stato abbastanza clamorosamente smentito. Il dividendo della pace sembra proprio voglia continuare a staccare cedole.


LE TRIMESTRALI DI WALL STREET, MA ANCHE EUROPEE, FINORA MIGLIORI DELLE ATTESE


Con circa 350 società quotate sullo S&P 500 che hanno pubblicato i risultati del terzo trimestre 2019 la earming season di Wall Street si avvia verso la fase finale con le attese di frenata sostanzialmente smentite. Le previsioni puntavano infatti a una contrazione anno su anno degli utili del 2,2%, ma finora la frenata è stata contenuta a un -0,8%, praticamente utili stabili anche se per le statistiche è il primo segno negativo dal 2016, quando sono cominciati a circolare i timori di recessione dopo l’uno-due di Brexit e vittoria di Trump. Anche nel primo e nel secondo trimestre si era partiti con attese negative e finite con risultati positivi. La cosa più interessante è che la maggior parte degli analisti che avevano previsto utili in calo nei tre trimestri finora portati a casa quest’anno, adesso dichiarano che è stato toccato il fondo del rallentamento e prevedono invece un recupero a partire dal prossimo trimestre, che dovrebbe estendersi al 2020. Un po’ meno rosea la situazione in Europa, dove invece le trimestrali sono ancora all’inizio. Refinity stima un arretramento di oltre l’8% degli utili delle società quotate sullo STOXX 600, anche qui la caduta più significativa dal 2016, ma il 60% delle imprese che hanno finora pubblicato le trimestrali ha battuto le attese. A Wall Street, da notare, sono state ben il 75%.


IL POTENZIALE FORSE NASCOSTO DEI TITOLI BIOTECH USA, SOTTO DEL 20% DAI MASSIMI DEL 2015


Nonostante i titoli legati alla Salute siano stati i migliori del terzo trimestre a Wall Street, con utili in rialzo vicino al 9%, i titoli biotech continuano a restare indietro, con l’indice Nasdaq Biotechnology sotto di quasi il 20% dai massimi del 2015. Da allora gli investitori hanno preferito puntare sulla crescita piuttosto che sul valore nascosto in imprese che sviluppano le tecnologie sanitarie del futuro. Ma il WSJ scrive che potremmo essere vicini a una svolta, anche perchè i biotech sono diventati molto a buon mercato in termini di price/earnings, vale a dire il multiplo degli utili attesi a 12 mesi espresso dal prezzo di Borsa. Il giornale fa il caso di Biogen, che sta sperimentando un farmaco contro l’Alzheimer, che si compra ad appena 7 volte gli utili, mentre Gilead Sciences è scambiata a 9 volte. O anche di Bristol-Myers Squibb BMY, specializzata in immunoterapie, e di AbbVie ABBV. In generale la media dei price/earnings dei biotech viaggia intorno a 12 volte, mentre per l’intero indice S&P 500 il rapporto è in media di 17 volte. Se dopo anni di investimenti in ‘Growth’ tornasse di moda il ‘Value’ i biotech USA potrebbero trovarsi in pole position.
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