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Le parole

Mario Draghi sul futuro dell’Unione Europea: “Serve un cambiamento radicale”

L’ex presidente della Bce ha parlato di competitività e necessità di procedere con l’unione del mercato dei capitali: “Siamo indietro rispetto a Usa e Cina, dobbiamo agire insieme come non abbiamo mai fatto prima”

di Antonio Cardarelli 16 Aprile 2024 15:26
financialounge -  draghi economia mercato dei capitali Unione europea

“Nell’Unione Europea c’è bisogno di un cambiamento radicale, le nostre regole per gli investimenti sono costruite su un mondo che non c’è più, il mondo pre Covid, pre guerra in Ucraina, pre crisi Medio Oriente e ci troviamo in un mondo in cui è tornata la rivalità tra le grandi potenze”. Sono le parole pronunciate da Mario Draghi alla conferenza europea sui diritti sociali in corso a La Hulpe, in Belgio.

PROCEDERE CON IL MERCATO DEI CAPITALI


L’ex presidente della Bce ha tracciato il futuro dell’Ue mettendo in primo piano i temi della competitività e dell’unione del mercato dei capitali, sottolineando che “non abbiamo il lusso di poter rinviare le decisioni”. Draghi ha auspicato un’azione comune per tutti e 27 i Paesi dell’Ue, affermando però che, se non sarà possibile, bisognerà considerare di procedere con un gruppo di Paesi. Per raggiungere questi obiettivi l’ex premier italiano ha parlato della necessità di sviluppare un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche, con la possibilità di procedere nelle cooperazioni rafforzate su temi specifici, a partire proprio dal mercato dei capitali.

AGIRE INSIEME PER LA COMPETITIVITÀ


“Ripristinare la nostra competitività ci impone di agire come Unione europea in un modo mai fatto prima – ha detto Draghi - e i nostri rivali ci stanno precedendo perché possono agire come un unico Paese con un'unica strategia e allineare dietro di essa tutti gli strumenti e le politiche necessarie. Se vogliamo eguagliarli, avremo bisogno di un rinnovato partenariato tra gli stati membri, una ridefinizione della nostra Unione che non sia meno ambiziosa di quella che fecero i padri fondatori 70 anni fa”. Mario Draghi presenterà il suo rapporto sulla competitività dopo le elezioni europee di giugno. Finora, ha spiegato Draghi, la Commissione europea ha fatto il proprio mestiere nei limiti politici e istituzionali della Ue, ma ora ci vuole ben altro.

FINORA FOCUS SBAGLIATO PER L’UE


“L'Europa finora ha avuto un focus sbagliato sui temi della competitività – ha proseguito Draghi - non ritenendo di fatto 'la nostra competitività esterna una questione politica rilevante. Sta di fatto che l'azione dei grandi competitori, Usa e Cina innanzitutto, che spesso giocano non rispettando le regole, attivano politiche divisive, disegnano politiche di investimento nelle loro economie a spese di altri e tutto questo ci ha colto di sorpresa”. Per la Cina il tema prevalente è che cerca di 'internalizzare' tutte le parti delle catene di approvvigionamento e nelle tecnologie avanzate (comprese le tecnologie verdi), della creazione di una sovracapacità in molti settori “che colpisce le industrie europee”. Quanto agli Usa, Draghi ha sottolineato la politica industriale su larga scala “per attrarre altre industrie qualificate entro i loro confini incluse le aziende europee usando il protezionismo, escludendo i concorrenti, impiegando potere geopolitico per riorientare le catene del valore”.

IMPRESE EUROPEE PENALIZZATE


“Se la Ue non ha una strategia complessiva coordinata, non ha politiche coordinate è logico che le imprese chiudano o si delocalizzino in aree extra Unione”, dice Draghi. La questione dell'economia di scala deve essere al centro dell'azione europea, secondo Draghi: “La frammentazione ci spinge indietro, e questo vale per l'energia. Per la difesa lo svantaggio e' evidente: l'assenza di scala mina la capacità industriale europea. Nelle telecomunicazioni abbiamo un mercato di 445 milioni di consumatori ma i nostri investimenti pro capite sono la metà di quelli Usa, siamo in ritardo sul 5G, abbiamo almeno 34 gruppi di network per i telefoni mobili che operano su scala nazionale mentre negli Usa ce ne sono tre e in Cina quattro, per stimolare gli investimenti occorre armonizzare le regole e dovremmo favorire il consolidamento invece di ostacolarlo”.
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