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L'outlook settimanale

AllianzGI: i dati macro e l'aumento del petrolio non aiutano il calo dell'inflazione Usa

Secondo Hans-Jörg Naumer, Director, Global Capital Markets & Thematic Research, le nuove rilevazioni macroeconomiche attese la prossima settimana favoriranno gli scettici che pensano a un taglio dei tassi da parte della Fed più tardi di quanto previsto dai mercati

di Davide Lentini 13 Aprile 2024 09:30
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A marzo tutti i dati macroeconomici globali sono aumentati per il quarto mese consecutivo, su un’ampia base regionale, secondo il "Macro Breadth Growth Index" di Allianz Global Investors. Un aspetto incoraggiante, tranne che per l’inflazione Usa, che è tornata a crescere. Che sia un rimbalzo tecnico o un dato più strutturale lo si scoprirà con le prossime rilevazioni, ma è indubbio che il nuovo aumento complica lo scenario e fa crescere i timori sulle tempistiche con cui la Fed deciderà di tagliare i tassi di interesse.

LA RIPRESA DELL'AREA EURO


Nell’outlook settimanale di AllianzGI, Hans-Jörg Naumer, Director, Global Capital Markets & Thematic Research, spiega come l'espansione nei paesi industrializzati sia stata trainata principalmente da una forte ripresa nell'Area euro e da dati moderatamente migliori negli Stati Uniti. “Anche i dati sui mercati emergenti sono migliorati - scrive - Gli indicatori macroeconomici cinesi sono aumentati per il settimo mese consecutivo e il Brasile ha registrato un'ottima ripresa. Il settore dei servizi è rimasto il motore di crescita più importante. Al contempo, sempre più segnali indicano che il settore manifatturiero abbia raggiunto un punto di svolta”.

DATI INFLAZIONE USA PEGGIORATI


E mentre il sentiment globale delle imprese si è leggermente attenuato dopo due mesi positivi, la fiducia dei consumatori ha continuato a migliorare, anche se da un livello ancora basso. Nel complesso, il sentiment macroeconomico e gli indicatori anticipatori indicano una crescita del Pil globale di circa il 2,5% nel primo semestre di quest'anno, con un'accelerazione a oltre il 3% per il secondo semestre. “In altre parole - commenta Naumer - la crescita del Pil sarà probabilmente vicina al potenziale nei primi sei mesi dell'anno e superiore in seguito. Ma diversamente dai dati incoraggianti sulla crescita e sul sentiment, i dati sull'inflazione statunitense sono peggiorati per la prima volta in sei mesi. Al tempo stesso, il mercato del lavoro statunitense continua ad andare a gonfie vele, con un ulteriore calo della disoccupazione e un aumento delle ore lavorative settimanali”.

RALLENTA LA CRESCITA DEGLI UTILI


Negli Usa è intanto iniziata la stagione delle trimestrali, partendo come sempre con il settore bancario. “Quello che colpisce - analizza l’economista di AllianzGI - è che la crescita degli utili societari statunitensi sia rallentata negli ultimi mesi, mentre i margini rimangono decisamente elevati. Per l'indice MSCI World, il rapporto fra revisioni positive e negative delle attese di utili è ancora inferiore a 1 (in altre parole: gli analisti effettuano più revisioni al ribasso che al rialzo). Ciononostante, nelle ultime settimane si è registrato un netto miglioramento, con i titoli giapponesi che hanno registrato il momentum rialzista più marcato”.

ATTESI I NUOVI DATI MACRO


La settimana che si apre sarà resa interessante dai nuovi dati macroeconomici. Lunedì, oltre ai dati sulla produzione industriale nell'Area euro, usciranno anche l’Empire State Index e i dati sulle vendite al dettaglio degli Usa. “Il consensus di mercato - spiega Naumer - si aspetta che l'Empire State Index registri un netto miglioramento e che le vendite al dettaglio siano state probabilmente solide”.

Martedì sono attesi i dati sulla produzione industriale e sulle vendite al dettaglio cinesi, probabilmente favorevoli alla crescita. Lo stesso giorno saranno pubblicati gli indici ZEW per l'Area euro e per i suoi Stati membri, mentre negli Usa sono previsti i dati sulla produzione industriale e sull'utilizzo della capacità produttiva. Entrambe le serie statunitensi sono previste in aumento.

Giovedì, si guarderà con particolare attenzione ancora agli Stati Uniti, con la pubblicazione del Philadelphia Fed index e dell'indice degli indicatori anticipatori. “Se il consensus ha ragione - commenta l’economista di AllianzGI - potrebbe esserci un po' di sollievo sul fronte dell'inflazione. Nel caso contrario, le richieste iniziali e le richieste di rinnovo del sussidio di disoccupazione continueranno a indicare un mercato del lavoro molto rigido”.

Infine, venerdì sono attesi i prezzi di produzione tedeschi e i prezzi al consumo giapponesi.

SI ALLONTANA IL TAGLIO DELLA FED?


“In generale, la prossima settimana non sarà facile - spiega ancora Hans-Jörg Naumer - La guidance aziendale ha probabilmente plasmato le aspettative degli analisti, quindi eventuali sorprese negative sugli utili dovrebbero essere limitate. Tuttavia, i dati macroeconomici sembrano destinati a favorire la posizione degli scettici sui tassi di interesse, ovvero di chi si aspetta che la Fed tagli il suo tasso di riferimento più tardi di quanto attualmente previsto dai mercati. Inoltre, la Fed non sembra ancora essersi accordata su un taglio dei tassi a giugno. In definitiva l'inflazione rimarrà il fattore più importante per i mercati. Il recente aumento del prezzo del petrolio non ha facilitato le cose”.

IL CALO DELLA LIQUIDITÀ SFAVORISCE IL RISCHIO


Se, quindi, da un lato aumentano le preoccupazioni per l'inflazione, dall'altro anche la situazione tecnica non è del tutto rosea. “Con gli indici di forza relativa che indicano una situazione di ipercomprato su molti mercati di maggiori dimensioni - conclude il Global Capital Markets & Thematic Research di Allianz Global Investors - potremmo assistere presto a un'inversione del sentiment. Inoltre, il calo della liquidità in eccesso rischia di frenare la tendenza al rialzo del mercato, soprattutto per quanto riguarda la propensione al rischio. Una diminuzione della liquidità in eccesso, misurata dal tasso di variazione a 5 anni della massa monetaria (M2) e dalla crescita del Pil in termini reali, ha l'effetto confortante di ridurre le pressioni inflazionistiche, ma distorce la propensione al rischio. Se la liquidità in eccesso diminuisce anche la ‘corsa’ verso le asset class più rischiose si ridurrà”.
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