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Petrolio, gli otto motivi che congiurano contro un recupero

Fattori tecnici, dollaro forte, amministrazione Trump, produzione record, Arabia Saudita indiziata per l’uccisione del giornalista Khashoggi: gli elementi a sfavore del petrolio

30 Novembre 2018 07:00

Cosa sta succedendo al petrolio? Sono in molti a domandarselo dopo l’ennesimo crollo della scorsa settimana. Una nuova brusca caduta che ha portato la correzione del Brent dai massimi dei primi di ottobre a superare i trenta punti percentuali. L’attuale quotazione (59 dollari al barile) è ora dell’11,7% inferiore a quella di inizio anno sebbene le quotazioni del greggio avessero innestato la marcia superiore nei primi mesi dell’anno portandosi a sfiorare gli 80 dollari nella seconda parte di maggio, per poi correggere un po’ fino ai 71,4 dollari a metà agosto e, successivamente, ripartite fino al massimo dei primi di ottobre (a 86,7 dollari al barile).

DA OTTOBRE QUOTAZIONI IN CADUTA LIBERA


Da allora le quotazioni sembrano in caduta libera e preoccupano gli investitori, non soltanto quelli direttamente interessati al prezzo del greggio per le loro posizioni long (rialziste) in portafoglio, ma anche tutti quelli che temono che la crescita economica globale possa essere sempre più a rischio per il 2019. A questo proposito, ripercorriamo gli otto principali motivi che penalizzano le quotazioni del petrolio.

OTTO MOTIVI CONTRO


In primis, un volume degli scambi rarefatto. Questo vale soprattutto per il crollo di venerdì 23 novembre, che ha visto un -7,7% per le quotazioni del WTI statunitense per gli scambi al minimi nel giorno successivo al Ringraziamento, quando i mercati delle materie prime sono stati chiusi. Una minore attività di trading può esasperare i movimenti di mercato: con il greggio coinvolto da alcune settimane in un vortice al ribasso, tale trend non può che essere amplificato.

ECCESSO DI OFFERTA


In secondo luogo, emerge un eccesso di offerta: secondo l'Energy Information Administration la produzione di petrolio negli Stati Uniti ha superato gli 11 milioni di barili al giorno all'inizio di quest'anno mentre, in parallelo, anche altri principali produttori (Arabia Saudita e Russia) hanno registrato estrazioni a livelli record, suscitando timori che le forniture possano superare, e di molto, la domanda. In terzo luogo, i trader dicono che il forte calo di venerdì scorso sia stato intensificato anche dalle richieste dei margini agli hedge fund e nei confronti di chi sta speculando sul prezzo del petrolio. Una richiesta di margine si verifica quando un broker richiede che un cliente, che ha perso denaro scommettendo tramite leva finanziaria, debba integrare il capitale depositato per soddisfare un margine di trading minimo. Le chiamate a margine possono tradursi in vendite forzate, amplificando le mosse al rialzo o, come in questo caso, al ribasso.

DOMANDA CINESE IN CALO


In quarto luogo, in base ad un report della Reuters pubblicato venerdi scorso, la domanda cinese di petrolio è scesa al livello più basso degli ultimi 13 mesi: un ulteriore segnale che i dazi commerciali tra Washington e Pechino stanno danneggiando la seconda economia più grande del mondo che è anche uno dei maggiori importatori di prodotti legati all'energia. In quinto luogo, il presidente Donald Trump ha costantemente sostenuto la riduzione dei prezzi del petrolio e mercoledì 21 novembre ha lanciato un tweet sollecitando che le quotazioni del greggio siano ancora più basse e, inoltre, ha ringraziato i sauditi per i recenti cali.

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ARABIA SAUDITA ALL’ANGOLO


Proprio l'Arabia Saudita, e siamo al sesto motivo, è all’angolo: l'uccisione del giornalista Jamal Khashoggi orchestrata dai sauditi ha complicato la politica di Riyadh sul petrolio. Trump è riluttante a sanzionare l’Arabia Saudita a causa del desiderio di mantenere bassi i prezzi del carburante e di preservare gli accordi nel settore della difesa, e Riyadh si sente in parte obbligata a rispettare il desiderio del presidente degli Stati Uniti di abbassare i prezzi del greggio.

LA FORZA DEL DOLLARO


In settimo luogo la forza del dollaro rende le quotazioni di tutte le materie prime (petrolio incluso) più deboli. L’ottavo motivo, infine, è di ordine tecnico. Molti portafogli, non soltanto quelli degli speculatori ma anche quelli degli investitori che utilizzano robot advisor o sistemi di diversificazione assistita , utilizzano gli algoritmi per stabilire quando comprare o vendere sul mercato. Non appena l’asset in portafoglio raggiunge un determinato livello (sia al rialzo che al ribasso) scatta l’ordine dell’operazione: la caduta precipitosa delle quotazioni del greggio sta alimentando questa spirale al ribasso che potrebbe durare in quanto le posizioni non risultano ancora del tutto azzerate. Alla luce di tutti questi fattori, coloro che ipotizzano un rialzo (o, quantomeno, un rimbalzo) dei prezzi del petrolio farebbero bene a essere pazienti: non sembra essere probabile nell’immediato.
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