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Perché restiamo ottimisti sull’azionario asiatico

9 Ottobre 2015 10:01
financialounge -  Asia Christofer Chu mercati azionari riforme UBP
“Restiamo ottimisti sull’azionario asiatico, poiché le valutazioni sono tornate quasi ai livelli della crisi e sembrano scontare scarsa o nessuna crescita, a nostro avviso” afferma Christofer Chu, Fund Manager Asian Equities di Union Bancaire Privée (UBP) che poi aggiunge: “In Cina, la stabilità valutaria e i tagli ai tassi di interesse dovrebbero sostenere il sentiment di mercato. Il calo dei prezzi dell’energia è un altro elemento positivo per i mercati sud-asiatici, India ed Asean, permettendo alle Banche centrali di mantenere una posizione accomodante”.

Per il manager, tuttavia, il sentiment di mercato sarà sempre più orientato all’implementazione dell’agenda delle riforme e delle politiche di bilancio espansive, per spingere i mercati al rialzo. Come dire che i policy maker regionali devono fare il loro mestiere a prescindere dalle decisioni della Fed, sebbene un ritardo del rialzo dei tassi USA sarebbe un aiuto per i paesi asiatici.

“L’eventuale ritardo nell’avvio del ciclo di rialzo dei tassi d’interesse statunitensi e le ulteriori attese di una possibile intensificazione in Europa e in Giappone dei programmi di QE offrono un po’ di respiro ai Paesi emergenti asiatici. Tuttavia, gli investitori vorrebbero vedere un proseguimento degli sforzi di promozione delle riforme strutturali, che sono alla base delle dinamiche di crescita. Nella settimana chiusasi il 2 ottobre, il sentiment per i mercati asiatici è diventato più solido, con l’indice Hang Seng di Hong Kong che ha guadagnato l’1,5% e il Sensex indiano l’1,4%” puntualizza Christofer Chu che, al contempo, non dimentica come, nonostante i mercati asiatici si siano stabilizzati a settembre, il terzo trimestre si sia concluso con forti perdite per i listini asiatici sui quali hanno pesato le preoccupazioni sulla crescita cinese in forte aumento, a causa della diminuzione della fiducia rispetto alla capacità delle autorità di ribilanciare l’economia verso un modello guidato dai consumi, senza distruggere nel frattempo la domanda aggregata.
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