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Banca Centrale Svizzera

La Banca Nazionale Svizzera mette in allarme Berlino

19 Gennaio 2015 17:05
financialounge -  Banca Centrale Svizzera Grexit mercati valutari
Il 15 gennaio scorso passerà alla storia come uno dei giorni più movimentati sui mercati finanziari per un singolo paese. È stato il giorno in cui la Banca Nazionale Svizzera (BNS) ha deciso di togliere il tetto al cambio del franco svizzero (chf) euro a 1,20.
In poche ore il fixing euro / chf è scivolato fino a 0,86 per poi stabilizzarsi intorno alla parità provocando, in parallelo, una correzione dell’8,6% alla Borsa di Zurigo (la peggior perdita in un solo giorno negli ultimi 25 anni), seguita il giorno successivo da un ulteriore calo di sei punti percentuali.

Subito gli analisti e le case d’investimento si sono precipitati a rielaborare le previsioni su fatturato, margini e utili delle imprese elvetiche colpite senza preavviso da questo vero e proprio terremoto valutario. Da un primo, e assolutamente provvisorio, bilancio, pur tenendo conto delle significative differenze tra un settore e un altro e tra una singola impresa e un’altra, si può dire che il cambio euro / chf intorno alla parità potrebbe comportare un calo medio fino al 25% - 30% del giro d’affari delle imprese svizzere, un arretramento stimabile fino al 20%- 25% dei margini e fino al 15%- 20% dei profitti netti.

Senza contare, dicono gli esperti, che in certi mercati internazionali la perdita di share market ha implicazioni anche a medio lungo termine nel senso che le aziende elvetiche non solo saranno penalizzate a breve ma potrebbero avere forti ostacoli in futuro a recuperare quote di mercato. Tutto questo dovrebbe far fischiare le orecchie a Berlino e, in particolare, a certi economisti e direttori di giornali che nelle ultime settimane sono ritornati a parlare di «Grexit», ovvero della possibilità (da loro molto caldeggiata) di una uscita della Grecia dall’euro. In realtà, altri commentatori, polemici con questa tesi, hanno risposto che la soluzione corretta per cercare di trovare il corretto equilibrio in Europa consisterebbe piuttosto in una uscita di Berlino dalla moneta unica. Insomma, per bilanciare le esigenze di chi impone il rigore dei conti pubblici a tutti i costi (in primis la Germania) e quelle di chi, invece, chiede più flessibilità e meno vincoli per la crescita (paesi periferici e Francia), il ritorno della Germania al marco potrebbe essere la strada giusta.

Ma quello che sta succedendo in Svizzera in questi giorni fornisce un esempio più che concreto dello scenario che potrebbe materializzarsi, relativamente alla divisa teutonica e alle valutazioni delle imprese tedesche, nel caso di una riproposizione del marco sui mercati.
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