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Perché i mercati azionari non sono troppo cari

L’attuale contesto, con tassi bassi e inflazione contenuta, può giustificare le attuali valutazioni dei mercati azionari: in futuro però i rialzi saranno trainati dagli utili.

5 Ottobre 2017 09:54
financialounge -  diversificazione Dorval Asset Management mercati azionari Natixis Investment Managers utili

Il mese di settembre ha smentito la serie storica che lo vede come uno dei mesi in cui le borse segnano il passo. Proprio nel mese di settembre si sono infatti verificati due dei più recenti tracolli dei mercati finanziari: l’11 settembre 2001 (a seguito dell’attacco alle Torri Gemelle di New York) e il 15 settembre 2008 (sulla scia del fallimento della banca d’affari americana Lehman Brothers).

Ebbene lo scorso mese di settembre ha visto l’indice della borse mondiali MSCI World chiudere a +2,7% in euro trainato dai listini dell’area euro (Eurostoxx +4,4%) ed europei (Stoxx 600 +3,8%) ma con Wall Street (S&P500 +2,5%) e Tokyo (Nikkei 225 +1,9%) ben intonate.

Un ulteriore allungo dei mercati azionari che ha alimentato le perplessità sollevate da diversi analisti circa le valutazioni che a questi livelli sembrerebbero eccessive. Per esempio, le attuali quotazioni dell’S&P500 (2.519 punti) si attestano ad un livello di p/e (rapporto prezzo/ utili) di 20 mentre se si considerano gli utili attesi nei prossimi 12 mesi il rapporto si posiziona a 18,3: livelli comunque ben al di sopra della media degli ultimi decenni pari a 16. Un altro modo di valutare i mercati azionari è quello di utilizzare il p/e di Shiller.

“Spesso si sottolinea che il p/e di Shiller dell’S&P 500 suggerisce un’esuberanza irrazionale dei mercati. Tuttavia, tale metodologia evidenzia una criticità: considera la media a 10 anni degli utili per azione (eps) rappresentativa di una tendenza stabile che, a nostro avviso, è una ipotesi quantomeno temeraria” sottolineano gli esperti di Macro Corner di Dorval Asset Management, affiliata di Natixis Global Asset Management, che poi spiegano: “La dirompente ascesa dei titoli tecnologi ad alta capitalizzazione (Google, Apple, Facebook, Amazon) e l’effetto depressivo della recessione storica del 2008/09 sulla media a 10 anni degli EPS dei titoli finanziari e ciclici spiegano perché il p/e di Shiller del mercato azionario americano sia così elevato. Ma, al di fuori di Wall Street, nessuna delle grandi piazze finanziarie internazionali appare onerosa in base a tale indicatore“.

Alla luce di queste considerazioni, il giudizio dei professionisti di Dorval AM sulle valutazioni resta invariato.

“Le borse sono piuttosto care, una situazione che riflette le attese elevate degli investitori e partecipa all’asimmetria del rischio in base al fatto che le cattive notizie hanno spesso un impatto maggiore delle buone. Tuttavia, se è giustificato agire con più frequenza nei portafogli per dare maggiore rilievo alle strategie di diversificazione e di copertura, restiamo convinti che le valutazioni azionarie restino coerenti con l’attuale binomio crescita/tassi d’interesse” puntualizzano gli esperti di Dorval AM, secondo i quali se tale equilibrio dovesse proseguire, i mercati azionari dovrebbero salire più o meno allo stesso ritmo degli utili.

Un aspetto non secondario visto che la crescita a due cifre degli utili per azione (eps) prosegue (sebbene abbia registrato una lieve frenata sui mercati avanzati, dal +14% al +12% su base annua, fra il primo e il secondo trimestre di quest’anno).

“Per quanto riguarda infine l’asimmetria del rischio che si è manifestata quest'estate in Europa con l’impatto del rialzo dell’euro sulle piazze azionarie, dovrebbe essere destinata a rientrare. La correlazione fra tasso di cambio e azioni europee è però notoriamente instabile e, dal momento, che il rialzo dell’euro è in buona parte dovuto alla solida crescita europea, tale correlazione dovrebbe diminuire” concludono i professionisti di Dorval AM.
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